Arkady Babchenko, giornalista russo, è morto ieri a Kiev. Gli avrebbero sparato alle spalle, sulla porta di casa. È stato trovato dalla moglie in un bagno di sangue ed è morto in ambulanza durante la corsa in ospedale. Critico spietato di Putin – in particolare nei confronti dell’annessione alla Crimea e della guerra ibrida del Cremlino nell’Ucraina orientale – era stato costretto a lasciare la Russia lo scorso autunno in seguito alle numerose minacce ricevute. Militare in Cecenia, Babchenko lascia l'esercito nel 2000 e si dedica al giornalismo freelance, lavorando per diversi media britannici tra cui il Guardian e la Bbc. Poi, nel 2016, prende posizione contro l’intervento russo in Siria.
«Un lavoro da professionisti», ha detto il capo della polizia di Kiev, Andriy Kryshenko, in riferimento all’omicidio di ieri sera. Ma Babchenko non è il primo giornalista ucciso – ipoteticamente – per questioni ideologiche: nel 2016 il giornalista investigativo bielorusso Pavel Sheremet è stato “neutralizzato” da un’autobomba.