Crescono i malumori nel Movimento 5 Stelle a seguito del risultato deludente nelle ultime elezioni in Umbria, dove il partito, alleato per la prima volta sulle schede elettorali con il Partito Democratico, ha raccolto solo il 7,4% dei voti ed eleggendo un solo consigliere. Ad insediarsi a Perugia è stata infatti la candidata di centro-destra Donatella Tesei, grazie al 57,5% dei voti, eletta presidente grazie all’apporto di Lega (che ottiene 8 seggi), Fratelli d’Italia, Forza Italia, Tesei Presidente (FdI ottiene 2 seggi, uno solo gli ultimi due) e Umbria Civica del Nuovo Partito Socialista. La coalizione sconfitta del PD e del M5S, assieme alle liste del Partito Socialista, di Democrazia Solidale, di Articolo Uno, di Sinistra Italiana ed Europa Verde, elegge consigliere il candidato Vincenzo Bianconi assieme ad altri 7, mentre gli altri sei candidati non hanno ottenuto nessun seggio.
Il capo politico del Movimento, Luigi Di Maio, ha incontrato i referenti cinquestelle della Calabria e dell’Emilia Romagna, chiamate prossimamente al voto, decidendo di porre termine all’esperienza di coalizione alle elezioni e tornando pertanto a correre da soli.
Gli esponenti emiliano-romagnoli hanno specificato in una nota: «Oggi con il capo politico del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio è stato un incontro molto positivo. Siamo tutti concordi, sia come parlamentari che come consiglieri regionali che hanno svolto un ottimo lavoro in questi cinque anni, nel presentarci da soli, senza fare alleanze con i partiti, in occasione delle prossime regionali in Emilia-Romagna. E' stato inoltre ribadito che le uniche alleanze che valuteremo di fare saranno quelle con le liste civiche».
La decisione tuttavia ha ripercussioni notevoli sulla direzione e sulla leadership del Movimento, presso cui si registra un’insistente fronda di critici che potrebbero richiedere tramite un documento e una raccolta firme un ridimensionamento del ruolo di Di Maio, il quale entra in contrasto con le posizione espresse dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il garante e fondatore stesso del partito, Beppe Grillo, favorevoli all’alleanza coi democratici anche alle elezioni.
L’assemblea dei deputati pentastellati, chiamata a dirimere il nodo del capogruppo, si è conclusa invece con un nulla di fatto, anche a seguito della mancanza di più della metà dei deputati. Resta intatto lo Statuto del gruppo della Camera, che non prevede alcun abbassamento del quorum da quello richiesto alla prima votazione: la maggioranza assoluta. Venerdì ripartirà l'iter per l'elezione del capogruppo, con il rischio del perdurare dello stallo.