Confcooperative Sanità lancia l’allarme salute nel nostro Paese: «A fronte di oltre 5 milioni di poveri le cure per la salute rappresentano, più di altri indicatori, la cartina di tornasole del disagio sociale ed economico del Paese: 12,2 milioni di italiani rinunciano a curarsi per difficoltà economiche; oltre 7 milioni si sono indebitati per farlo; 2,8 milioni hanno venduto casa per sostenere le spese per la salute (fonte Censis). Sono, invece, 11 milioni quelli che si sono assicurati per la copertura sanitaria. Questi numeri tracciano in modo drammatico la mappa della diseguaglianza di un Paese in cui riesce a curarsi solo chi può pagare. Come cittadini e come cooperatori non vogliamo una sanità solo per chi se la può permettere». Sono parole di Giuseppe Milanese dopo la sua conferma alla presidenza di Confcooperative – Sanità durante l'assemblea nazionale in svolgimento a Roma.
Nel corso dell’evento sono stati noti i dati elaborati su fonti Istat e Censis. «A quarant'anni dalla sua istituzione il SSN sta vivendo una crisi senza precedenti. Il risultato è l'intasamento delle strutture ospedaliere dove un ricovero costa non meno di 700 – 800 euro al giorno. Con gli stessi soldi – sottolinea Milanese – si potrebbero assistere, quotidianamente, 10 persone fuori dall'ospedale. È sul territorio che va costruita la risposta: un sistema di assistenza primaria, una rete complessa e capillare in grado di prendere in carico direttamente nel cuore della comunità il bisogno assistenziale dei cittadini, concentrando sull'ospedale solo cure e interventi più importanti».
Se si considera l'andamento demografico italiano nei prossimi anni avremo una crescente domanda di servizi e un calo progressivo del numero di medici e infermieri impiegati nella sanità. Nel solo 2015 è stato registrato un calo di 10mila dipendenti rispetto al 2014. In sei anni, tra il 2009 e il 2015 i posti persi nel settore sanitario sono stati più di 40 mila.
La situazione è destinata a peggiorare se si considera che l'età media dei medici è salita a 53 anni per i medici e a 47,4 per gli infermieri secondo i dati del ministero dell’Economia diffusi nel 2016.
Trentamila medici, nei prossimi 5 anni, lasceranno il proprio lavoro determinando un calo del 30% delle attività. La situazione diventa ancor più allarmante se si pensa che già oggi la penuria di anestesisti fa saltare 1 intervento su 3. Sottolinea Milanese: «Il problema sta nel fatto che alla drastica riduzione dei ricoveri e delle giornate di degenza ospedaliere non è corrisposto lo sviluppo di un sistema integrato di assistenza nel territorio. In questo modo si allungano le liste di attesa, che rappresentano il motivo principale per cui gli italiani si rivolgono a strutture private affrontando costi maggiori. Un esempio su tutti: per una mammografia l'attesa media è di 122 giorni, che al Sud arrivano a 142».