Pubblichiamo l’intervento di Andrea Camaiora apparso oggi sul quotidiano Libero nell’ambito del dibattito sui moderati aperto dal vice direttore Massimo De’ Manzoni.
Caro De’ Manzoni,
lei ha posto ieri sulla prima pagina di Libero un interrogativo centrale per la sempre più variegata area moderata: «Ma perché Forza Italia resta ancora nel Ppe?». La domanda che dovremmo porci dovrebbe piuttosto essere: «Cosa ci sta a fare Forza Italia nel Ppe?». Intendo dire che dopo aver capito perché si è collocati in un’area politica, occorre capire con quali motivazioni e quali obiettivi quest’area viene presidiata.
L’impressione, per la verità comprovata dall’esperienza, è che come italiani dovremmo smetterla di individuare un capro espiatorio (oggi Merkel, ieri Chirac, domani chissà) e agire con determinazione e consapevolezza per pesare di più. In Europa esistono regole molto precise di gioco e la prima di queste è che non possiamo sperare che a tutelare i nostri interessi nazionali siano tedeschi, francesi, polacchi, spagnoli. Dobbiamo essere noi stessi! Per farlo, occorrono strategia, gioco di squadra, alleanza, capacità politica ma soprattutto pazienza per costruire una tela di rapporti.
In questi anni, invece, la politica estera italiana ha visto alcune grandi performance frutto delle indubbie capacità di Berlusconi ma una totale inadeguatezza del centro destra italiano di pesare nella famiglia del Ppe, di cui Forza Italia fa parte dal giugno 1998!
In Europa non c’è solo Merkel e la cancelliera e il modello di Europa che propina non piace molto. La notizia meritevole di aprire Le Monde ieri era che il progetto europeo non è più maggioritario in Francia, solo il 39% dei francesi giudica l’Ue «une bonne chose». E allora? E allora ci sarebbe parecchio filo da tessere per ribaltare il tavolo europeo e questo dovrebbe essere patrimonio di una grande forza popolare e moderata quale Forza Italia per molti anni è indiscutibilmente stata. Esistono alleati per diventare protagonisti di quella che è ancora la più grande famiglia politica in Europa: il Ppe. Grandi Paesi come Francia, Spagna, Polonia, vedono il rafforzamento di chi crede che sia necessario rifondare l’Europa. In altri Paesi, penso all’Ungheria, premier capaci come Viktor Orban mostrano di condividere le preoccupazioni di Berlusconi e di chi, indipendentemente dalle simpatie berlusconiane, vuole un’Europa dei popoli e non delle burocrazie e della confusione valoriale.
E qui veniamo al punto decisivo della sua provocazione, De’ Manzoni. Sandro Bondi è stato strumentalizzato quando ha posto la questione centrale per il centro destra di ripensarsi, di riflettere su di sé e sulla propria identità. È questo il punto centrale, l’identità. Come si fa a chiedere di aderire o di votare un partito se non è chiara l’identità del partito stesso? Se non è evidente ciò che questo partito vuole? Se giorno per giorno cambiano i valori di riferimento di quell’area politica, si chiami Forza Italia, Ncd, Lega, Udc, o Vattelapesca?
Occorre anzitutto avere un’idea di società, di Stato e di mercato.
Sapere senza tentennamenti e infingimenti se la vita è realmente un valore o no. Se la libertà è realmente la nostra stella polare e se si coniuga o meno col senso di responsabilità. Non è indifferente stare col Ppe o con i conservatori inglesi e il motivo per stare da una parte o dall’altra non può essere la simpatia per Merkel. E se poi domani Cameron fa qualcosa che ci indispettisce?
In Francia il gradimento di Hollande è al 18%, il modello cultuale e sociale della sinistra fa acqua da tutte le parti e ha provocato
Oltralpe vere e proprie sollevazioni. Eppure noi, come accadde per il ’68, dobbiamo sorbirci, con ritardo e per giunta peggiorate, nel silenzio inebetito dei moderati, le solfe sul genitore 1 e 2 e le idiozie sullo ius soli per una società fondata sull’ipocrisia.
Solo con un’identità chiara e solidi valori di riferimento il centro destra potrà nuovamente protagonista della politica italiana.
Andrea Camaiora
Autore di “Il brutto anatroccolo. Moderati: senza identità non c’è futuro” (ed. Lindau, 2014)