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Carabiniere ucciso, gli inquirenti rivelano: “Cerciello aveva dimenticato la pistola, ma non aveva comunque possibilità di reagire”

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«Voglio ribadire nuovamente la partecipazione e la mia vicinanza personale e di tutto l'ufficio che rappresento alla famiglia e all'Arma dei Carabinieri. Dovrebbe essere chiaro il senso di quello che è accaduto, è caduto un servitore dello Stato, è caduto nell'adempimento del suo dovere, duro ma essenziale e determinante per garantire l'esistenza dello Stato, quello di assicurare il rispetto della legge sempre e comunque. È caduto un uomo a cui va la nostra riconoscenza e rispetto e che amava il suo lavoro, era uno dei tanti che con tanti sacrifici era orgoglioso della divisa che indossava ed entusiasta del lavoro che quotidianamente svolgeva. Questa è una perdita insanabile, un vuoto incolmabile e quello che rimane è l'esempio che ci deve guidare». Lo ha detto il procuratore vicario di Roma, Michele Prestipino, durante la conferenza stampa sull'uccisione del vice brigadiere Mario Cerciello Rega avvenuta nel quartiere Prati di Roma, la notte tra il 25 e il 26 luglio. E ancora: «Ringrazio l'Arma dei Carabinieri e la Procura che fin dalle prime ore dal delitto hanno lavorato senza sosta fianco a fianco raggiungendo un grandissimo risultato a meno di 24 ore dalla commissione del fatto. All'esito della prima fase, la Procura della Repubblica ha ritenuto di avere raccolto un quadro di gravi indizi di colpevolezza nei confronti degli indagati e in sussistenza di tutti i presupposti di legge ha disposto il fermo, poi convalidato dal gip che ha disposto la custodia cautelare in carcere innanzitutto in ordine al reato di concorso in omicidio». Il procuratore della Repubblica di Roma, facente funzioni, Michele Giarritta Prestipino, ha anche spiegato che «Rispetto alla foto in cui uno dei due accusati appare bendato in caserma, il fatto e' stato oggetto di tempestiva segnalazione da parte della stessa Arma dei Carabinieri. La Procura ha avviato le indagini per accertare quanto accaduto e definire le relative responsabilità. Procederemo senza alcun pregiudizio e con il rigore dimostrato in altre situazioni».  «Natale Hjorth non ci ha detto nulla in sede di interrogatorio del fatto che fosse stato bendato prima di essere sentito da noi magistrati». Nell'inchiesta nel suo complesso – ha continuato il magistrato – «ci sono ancora aspetti da approfondire, ma è nella normale trattazione». «Siamo a Roma, la procura di Roma è abituata a trattare indagati di qualsiasi nazionalità ed etnia in continuazione. Per noi i cittadini di fronte alla legge sono tutti uguali» ha detto ancora il procuratore aggiunto di Roma Michele. Che, insieme al procuratore aggiunto Nunzia D'Elia, il comandante provinciale Gargaro e il comandante del Nucleo operativo D'Aloia, ha affermato che nell'inchiesta per l'omicidio del vice brigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega «ci sono ancora aspetti da approfondire».

Il colonnello Francesco Gargaro ha poi voluto sottolineare che Mario Rega Cerciello non si è difeso. Non ha fatto in tempo, per l'aggressione fulminea e non aveva con sé la pistola d'ordinanza che aveva invece il collega Andrea Varriale, impegnato in una colluttazione distante da lui con Natale Hjorth e impossibilitato a correre in aiuto del vicebrigadiere fin quando i due non si sono dati alla fuga. «Aveva solo le manette. Se anche avesse avuto la pistola non avrebbe avuto la possibilità di reagire. Che la vittima fosse disarmata si legge anche nell'ordinanza di convalida del fermo dei due americani, a demolire la legittima difesa putativa ipotizzata dalla difesa di Elder Finnegan Lee. «Cerciello aveva dimenticato l'arma, è stata probabilmente una dimenticanza, ma ciò non toglie che non aveva alcuna possibilità di reagire»: queste, infatti, le dichiarazioni dei carabinieri durante la conferenza stampa svoltasi a San Lorenzo in Lucina.

Il colonnello Gargaro ha poi aggiunto che prima di prendere servizio, la notte tra giovedì e venerdì scorsi, Mario Rega Cerciello ha portato il gelato ai colleghi in caserma ed è poi salito sull'auto civetta insieme al carabiniere Andrea Varriale, come lui in borghese. Con sé aveva solo le manette, la pistola la troveranno poi a tragedia avvenuta nel suo armadietto.

E ancora: «Non c'è stato tempo di reagire, Andrea Varriale (il collega del carabiniere ucciso Mario Cerciello Rega) non poteva sparare ad un soggetto in fuga altrimenti sarebbe stato indagato per un reato grave».

Riguardo i particolari sull’omicidio, Gargano ha chiarito che Mario Cerciello Rega è stato colpito da «undici coltellate, alcune delle quali hanno colpito fino alla base del coltello usato (con lama di 18 centimetri). È stato trapassato lo stomaco, il colon, l'intestino».  E che «L'arma è stata portata in Italia da Elder nei giorni precedenti al delitto. Lui aveva il coltello, nelle tasche dei pantaloni o all'interno della felpa. Secondo noi, poi, è impossibile che Natale non sapesse che il suo amico fosse armato».

Gargano ha anche aggiunto che «La versione dei magrebini c'è stata data da Sergio Brugatelli, che ha subito parlato di due persone di carnagione scura verosimilmente nordafricani. Brugatelli ha avuto timore a svelare che conosceva gli autori dell'omicidio. Non voleva essere associato al fatto».

«Non era scontato che nel giro di poche ore si arrivasse a trovare i soggetti coinvolti» nell'omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega. Queste, invece, le parole della pm romana Nunzia D'Elia, che ha dichiarato inoltre che «era fondamentale fare chiarezza nelle prime ore. E' stato un bel lavoro di squadra, dei carabinieri con il pm di turno». E sugli indagati: «Quando sono arrivati» per essere interrogati, i due giovani americani ritenuti responsabili dell'omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, «erano liberi da qualunque tipo di vincolo, in ottime condizioni, senza segni di nessuno genere». E ha aggiunto: «abbiamo fornito l'avvocato d'ufficio, nominato l'interprete e consentito a Gabriel Natale di aver un colloquio  preliminare con il suo avvocato da soli».

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