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«Azzerare il processo», in Vaticano l’arringa choc del legale pone dubbi sulla giustizia petrina

Scritto da vocealta

Azzeramento dell’intero dibattimento perché avvenuto in deroga alle regole del giusto processo. È quanto ha richiesto Luigi Panella, difensore di Enrico Crasso, uno degli imputati nello storico processo che si sta tenendo in questi mesi nel tribunale della Città del Vaticano.

Il processo, noto come “Processo Vaticano 60SA”, contiene diversi filoni, tra cui il principale è certamente quello legato all’acquisto da parte della Segreteria di Stato vaticana di un immobile sito a Londra, al 60 di Sloane Avenue (da cui la denominazione pocanzi citata). Secondo il Promotore di Giustizia, che all’interno delle mura papali svolge la funzione affidata in Italia ai procuratori della Repubblica e ai pubblici ministeri, l’operazione avrebbe infatti rappresentato un danno per le casse della Santa Sede.

La pubblica accusa è rappresentata dal Prof. Alessandro Diddi, mentre il collegio che sarà chiamato ad esprimere il giudizio è presieduto da Giuseppe Pignatone, già a capo della procura di Roma. Davanti a loro diversi imputati, tra cui il Cardinale Angelo Becciu, già Sostituto alla Segreteria di Stato, e, come anticipato, Enrico Crasso, ex consulente finanziario della Segreteria di Stato. È stato proprio l’avvocato di quest’ultimo a puntare i fari sul modello di giustizia attuato nel piccolo Stato – che qualcuno definisce «quasi medievale», inducendo i commentatori a una profonda riflessione sui principi del giusto processo e la loro applicazione.

Secondo Panella, infatti, gli imputati non sarebbero stati messi nelle condizioni di difendersi dalle accuse mosse a loro carico: «In questo contesto, l’unica risposta possibile da parte del Tribunale è quella di applicare la legge. E quindi di revocare l’ordinanza con cui erano state rigettate le eccezioni preliminari e azzerare tutto». Questa tesi era infatti già stata avanzata all’inizio del procedimento, oltre due anni fa, e allora respinta dal Tribunale.

«Questi temi inficiano il processo fin da prima dell’inizio – ha spiegato l’avvocato –. Siamo al di fuori del Codice di Procedura penale, abbiamo fatto un processo diverso. Si è proceduto in maniera non conforme alla Legge fondamentale dello Stato della Città del Vaticano, cui anche il Papa è soggetto». E a tal proposito si riferisce anche a quattro Rescripta firmati da Francesco, ovvero pareri emanati dal pontefice e aventi valore giuridico: «Il Codice di Diritto canonico pone dei limiti anche ai Rescripta. Non si può andare dal Santo Padre a chiedere una cosa non conforme alla legge. Queste richieste sono contrarie alla legge».

Come ha illustrato ancora Panella, prima di affrontare le questioni di merito, nel piccolo Stato «il Papa è un sovrano assoluto, ma nonostante questa monarchia assoluta la Santa Sede si è impegnata a rispettare il principio della supremazia della legge, del governo della legge. Oggi una monarchia assoluta non è più sostenibile. E anche l’indipendenza della magistratura vaticana è ampiamente discussa». Il legale ha avuto modo di citare anche Gregorio VII, «il Papa di Canossa»: «teorizzando la potestà assoluta del Papa il promotore di giustizia ci riporta al 1075».

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