In occasione del tradizionale meeting di primavera presso il Fondo Monetario Internazionale I Ministri delle Finanze di 23 Nazioni hanno annunciato la formazione di una coalizione per supportare l’introduzione di misure contro il cambiamento climatico nelle azioni economiche dei rispettivi governi.
La coalizione è stata formata dai Ministri delle Finanze di: Austria, Cile, Costa Rica, Costa d’Avorio, Danimarca, Ecuador, Finlandia, Francia, Germania, Islanda, Irlanda, Kenya, Lussemburgo, Isole Marshall, Messico, Olanda, Nigeria, Filippine, Spagna, Svezia, Uganda, Regno Unito e Uruguay. Un mix di Paesi sviluppati e in via di sviluppo riuniti sotto la guida dei “principi di Helsinki” per una crescita economica ecologicamente sostenibile.
L’accordo identifica esplicitamente il cambiamento climatico come un potenziale rischio per “la crescita e la stabilità macroeconomica”. Tuttavia l’approccio individuato dai firmatari non è necessariamente catastrofista. Il ministro cileno Felipe Larraín Bascuñán ha spiegato « Il climate change è un vero problema ai giorni nostri ma possiamo trasformarlo in un’opportunità. Sia la crescita economica che la riduzione delle emissioni sono necessarie. Dobbiamo prendere impegni concreti e ambiziosi per tradurre tutto ciò in azione».
Una transizione relativamente facile per alcuni dei Paesi firmatari, ben più difficile per altri. Il Ministro delle Finanze della Nigeria Zainab Ahmed ha spiegato: «Il Fondo Monetario Internazionale continua a suggerire di eliminare i sussidi per i carburanti fossili e di utilizzare le risorse in altri settori. In linea di principio è giusto, ma in Nigeria non abbiamo un programma per rimuovere i sussidi perché non è stato progettato un sistema cuscinetto che protegga economicamente i nostri cittadini da questo cambiamento».
Ne è ben consapevole Christine Lagarde, direttrice del FMI che in una conferenza ha affermato: «Deve esserci una rete di sicurezza per la protezione sociale in modo che le parti più esposte della popolazione non subiscano il peso del principio di rimozione dei sussidi».
Rachel Kyte, a capo del Dipartimento per l’Energia sostenibile delle Nazioni Unite, che riconosce la disparità tra le Nazioni parte della coalizione, ha spiegato:« Per quanto riguarda la riduzione delle emissioni, pochi Paesi hanno sviluppato l’intera gamma di strumenti politici a loro disposizione per promuovere l’energia pulita, l’efficienza energetica, i cambiamenti nell’uso del territorio e promuovere una crescita pulita che garantisca anche posti di lavoro. Mentre più preoccupante è che ancora meno Nazioni abbiano piani per far fronte alla pressione del bilancio pubblico sui costi dell’adattamento e della resilienza agli impatti climatici»
Nick Robins, professore di economia alla London School of Economics e consigliere per le Nazioni Unite, commentando l’accordo tra i ministri siglato presso il Fmi ha concluso: «Sta emergendo una delicata architettura finanziaria per la finanza sostenibile. Questi spazi (la tipologia di incontro in cui è nato l’accordo, ndr), se ben progettati, sono luoghi in cui le persone si possono incontrare e condividere le esperienze. Dobbiamo dimostrare che la politica climatica può essere un motore per migliorare le condizioni di vita delle persone».