Il disturbo noto come autismo fu identificato dallo psichiatra austriaco Leo Kanner. Kanner, in un articolo del 1943, descrisse i casi di una decina di bambini che aveva avuto in cura e che presentavano caratteristiche comuni.
Il primo, "Donald", sembrava completamente disinteressato al mondo e alle persone che lo circondavano, non giocava con altri bambini, non rispondeva al suo nome quando veniva chiamato, mostrava di avere una mania per gli oggetti ruotanti e scoppiava in bizze incontrollabili se la sua routine quotidiana veniva in qualche modo alterata.
Anche gli altri piccoli pazienti di Kanner avevano tutti comportamenti simili. Kanner fu il primo a parlare di una sindrome specifica, l'autismo infantile precoce (o sindrome di Kanner), prendendo in prestito il termine “autismo” dagli studi dello psichiatra svizzero Eugene Bleuler, che l’aveva usato per descrivere il ripiegamento su se stessi degli adulti affetti da schizofrenia.
A ottant'anni dagli studi di Kanner ci sono ancora molte incertezze sulla classificazione del disturbo e sulle sue cause. Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, parla di disturbi dello spettro autistico per descrivere i diversi gradi di gravità in cui si può presentare.
La sindrome di Asperger, per esempio, definita dal pediatra austriaco Hans Asperger un anno dopo il lavoro di Kanner, non viene più considerata una forma separata, ma una forma lieve di autismo senza compromissione del linguaggio e senza ritardo mentale.
I sintomi dell'autismo compaiono di solito prima dei tre anni di età, riguardano inizialmente difficoltà di linguaggio e di comunicazione, e un'apparente difficoltà di contatto emotivo, sia con i genitori sia con i coetanei, ma le sfumature e i quadri di presentazione possono essere anche assai diversi, il che rende spesso assai difficoltosa la diagnosi.
Oggi si stima che in Italia una prevalenza attendibile del disturbo sia di circa quattro su mille bambini(ma la raccolta dei dati non è sistematica), con il disturbo che colpisce, per ragioni ignote, i maschi 3 o 4 volte più delle femmine.
Nonostante le ripetute smentite da parte della comunità scientifica, comprovate da ricerche molto complete, da anni continuano a circolare le voci che a causare l’autismo possano essere alcune vaccinazioni di età pediatrica.
Sotto accusa c'è stato il vaccino contro il morbillo, ed è stato dimostrato che si trattava di una vera e propria bufala. Un medico inglese, falsificando i dati, era riuscito a pubblicare su una rivista scientifica autorevole l’ipotesi che il vaccino, che contiene il virus vivo attenuato, potesse provocare disturbi intestinali e autismo.
Accusato anche il tiomersale, un eccipiente a base di mercurio che veniva usato per garantire la sterilità e la conservazione del prodotto, che è stato tolto dai vaccini nel 1992, non perché si sia dimostrato dannoso, molti studi lo hanno scagionato, ma per principio di cautela.
Ancora incertezza sulle cause del disturbo. Si ritiene che ci sia una componente genetica, dati recenti suggeriscono la possibilità di un danno organico che si verifica nelle fasi di sviluppo del sistema nervoso.
Nel 2014 uno studio ha rilevato anomalie nel cervello di alcuni bambini, in particolare nell’architettura di alcune aree della corteccia, affetti da autismo, che farebbero propendere sempre di più verso l’idea che si verifichino dei problemi durante lo sviluppo fetale.
Gli interventi considerati più utili sono quelli di tipo comportamentale per migliorare la socialità dei bambini e lo sviluppo della loro autonomia nella vita quotidiana, specialmente se vengono intrapresi precocemente. Mancano invece prove sperimentali che altri interventi,terapie, funzionino.
Benché finora la terapia più efficace si sia dimostrata quella comportamentale, la ricerca farmacologica ha puntato molto sul ruolo dell’ossitocina(il cosiddetto ormone dell'amore), molecola implicata nella modulazione di vari aspetti del comportamento sociale, per esempio nel comportamento materno e nello stabilirsi del legame tra madre e bambino.
Un articolo della rivista Science, frena però gli entusiasmi sottolineando che, benché promettenti, queste ricerche sono ancora molto preliminari, oltre al fatto che il ruolo dell’ossitocina nell’autismo non è così chiaro.
Le famiglie, riunite in numerose associazioni, si interrogano su quali siano i percorsi migliori per gestire i bambini affetti da autismo per portarli ad una vita il più possibile autonoma.
Purtroppo non sono rare le notizie di bambini isolati perché problematici e difficili da gestire, e la filosofia dell’inclusione di queste persone nella scuola incontra non poche difficoltà, per non parlare della loro vita da adulti, quando il sostegno delle famiglie può venire a mancare.