Politica

Gli Sgobboni: intervista esclusiva a Luigi Telesca (Pd)

Ama i prodotti della sua terra. E’ un lucano DOC dallo spirito politicamente romano. Non ama il calcio, ma non può disinteressarsene completamente per non tradire l’ottimo livello di cultura generale. Lui è Luigi Telesca, collaboratore personale dell’Onorevole Michele Meta, Capogruppo Pd in Commissione Trasporti alla Camera, coordinatore nazionale dell’area Ignazio Marino, esponente di punta sul territorio laziale, ma soprattutto grande tifoso della Lazio, al contrario del suo braccio destro.
Luigi è laureato in Scienze Politiche alla Luiss. Attraverso la militanza politico-culturale in Associazioni come la ‘Pertini’ e ‘25 Aprile’ ha dato vita al primo giornale di sinistra dell’ateneo. Militante tra i Giovani Ds, è diventato poi Dirigente romano della sinistra giovanile, muovendo i suoi primi passi nel partito.
Incontra Michele Meta nel 2005 e diventa per lui addetto stampa e fidato collaboratore.
Meta è da poco tempo un fedelissimo di Ignazio Marino. Perché ha fatto questa scelta?
Come prima cosa Meta è un uomo di partito. E’ stato Segretario dei Ds nel Lazio, è uomo macchina della sinistra da molti anni. Non dimentichiamo che fu lui la persona alla quale Veltroni affidò la stesura della Lista Democratici per Veltroni alle prime primarie del Pd. Purtroppo è cambiato tutto. Il Pd, formato dagli uomini della vecchia guardia, non ha prodotto risultati lodevoli e Ignazio Marino è per noi oggi la figura politica che guarda al vero riformismo. Pensiamo alle sue posizioni sul testamento biologico, sui diritti civili, sul nucleare. Lui era la vera alternativa, ma pur avendo ottenuto un ottimo risultato, i tempi ristretti non ci hanno permesso di farlo vincere. Ci sarà tempo. Marino oggi ha portato migliaia d’iscritti in più al PD.
Molti stanno dubitando della dirigenza Bersani. Chi vedi ai vertici del Pd nei prossimi anni?
E’ un problema sul quale non ho riflettuto ancora, ma non vuol dire che il partito vada a gonfie vele, tutt’altro. Serve una riflessione serena priva di strategie politiche, le stesse strategie che in questi anni hanno portato il Pd a essere un microcosmo di ex comunisti e democristiani, un binomio che rivela un regime ultra correntizio lontano dal territorio. Chi verrà dopo, ma anche chi ricopre attualmente i vertici, dovrà incentrare la sua politica su temi rivolti al rinnovamento. Bisogna aprire questo partito a persone competenti, perché la politica è anche progettualità, e bisogna tornare a farla sul territorio.
Un po’ come sta facendo la Lega?
Si. La Lega ha una cosa che i partiti di maggioranza non hanno: il rispetto per la gerarchia. Loro hanno referenti nazionali molto forti, ma allo stesso tempo hanno politici sul territorio ben disposti a scalare con fatica la vetta politica.
Prodi parla in questi giorni di partito federale, Cacciari lo segue, mentre Chiamparino arriva addirittura a parlare di partito del Nord. Cosa succede?
Si dibatte, come in ogni partito, ma il problema non sta nel Nord o nel Sud. Il discorso che fa Prodi parte da un presupposto corretto, quello di far vivere quei circoli territoriali che tanta importanza assumono in periodo di primarie. Per fare questo però non dobbiamo assecondare gli equilibri dalemiani o veltroniani presenti tra gli attuali segretari regionali, ma bisogna rimodernare il sistema dei rappresentanti. La gente del territorio deve poter scegliere la politica del territorio.
Parli di eliminare le nomine che provengono dall’alto?
Esattamente. Il rinnovamento in stile Serracchiani è non è stato un successo sul territorio. Questi personaggi, anche se giovani e mediaticamente brillanti, sono vincolati da dinamiche nazionali che poco hanno a che vedere con il territorio.
Lo stesso discorso vale anche per le ultime elezioni nel Lazio
Non c’è dubbio. L’errore più grande è stato schierare una lista debolissima fatta di persone con poco spessore politico, contro una lista di centrodestra, mutilata, ma con nomi di gente che fa politica sul territorio da tempo. Anche questa volta è mancato il rinnovamento, che non vuol dire una nuova politica, ma il ritorno ad una politica conosciuta dalla gente. Basta pensare che nella lista Pd sono state inserite persone che hanno ottenuto poco più di una centinaio di voti, cifre insolite anche per le elezioni comunali.
Qual è oggi la corrente più forte nel Pd?

Di certo non Bersani. Lui non ha una corrente e forse è questa la sua forza, ma allo stesso tempo la sua debolezza. All’inizio si appoggiò a D’Alema, ma ad oggi l’intesa non sembra reggere saldamente. Oggi la corrente più forte è quella dei Popolari, la componente di origine democristiana e di ispirazione cristiano-sociale del PD. Hanno un forte potere politico, ma anche loro non hanno il coraggio di schierare volti nuovi.
Nel PD mancano riforme o riformisti?
Ci sono riformisti che non hanno voce nella partita della politica. Gli esperti che possono dare una valore aggiunto non vengono interpellati. Manca un progetto di elaborazione.
Cosa ha il Pdl che a voi manca?
Una buona comunicazione. Il Pdl arriva alla gente con immediatezza, però deve stare attento a non commettere lo stesso errore del Pd: la poca presenza sul territorio.
L’affare Di Pietro?
Di Pietro non è un pericolo per il Pd. Piuttosto potrebbe diventare una forza se solo la smettesse di dare sfogo ad atti di populismo. Di Pietro ha il merito e la capacità di stare sulla notizia e se solo incentrasse la sua politica sui veri problemi del Paese, invece di perdere tempo dietro ai movimenti di Berlusconi, sarebbe un ottimo alleato. Il Pd ha bisogno anche delle realtà più piccole della sinistra.
Ma è opinione anche dei giornali il fatto che Di Pietro non è una piccola realtà.
I giornali sono una realtà a parte. Specialmente quelli di sinistra si accaniscono con rara cattiveria contro la sinistra di oggi. La politica non si deve fare sui giornali, la politica si deve fare nelle sezioni di partito, ma questo ormai è un comportamento che nessuno assume.
Il salvagente del Pd nei prossimi anni
Una grande coalizione. Il futuro dell’Italia è il bipartitismo.

 

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