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Il commento migliore alle GMG di Madrid

Il commento migliore alle Giornate Mondiali della Gioventù di Madrid è stato scritto dal giovane vaticanista Gianteo Bordero sulle colonne di Ragionpolitica, il giornale online fondato da don Gianni Baget Bozzo.

 

 A voce alta lo offre come spunto di riflessione ai suoi lettori 

Arrivano la pioggia e il vento su Madrid. E Benedetto XVI è costretto a interrompere il suo discorso ai due milioni di giovani radunati sulla spianata dell’aeroporto militare della capitale spagnola. Quando il temporale si placa, Papa Ratzinger decide di non riprendere il suo intervento. Saluta i ragazzi nelle varie lingue, va dietro al palco per indossare i paramenti liturgici e manda uno speaker a chiedere il silenzio per prepararsi al «momento centrale» della veglia: l’adorazione eucaristica. E silenzio è. Impressionante.

Tanti dei due milioni di giovani si inginocchiano e iniziano a pregare con il Papa di fronte al grande ostensorio collocato al centro della scena. E’ una specie di miracolo, questo. Un miracolo, perché rende immediatamente evidente qual è l’essenza del cristianesimo, la radice ultima del fatto cristiano: non un discorso, non una serie di concetti, non un ragionamento teologico, bensì una presenza reale. Una presenza che i giovani di Madrid mostrano di voler accogliere col loro silenzio, con la loro preghiera e con la loro adorazione. Al centro non c’è un’iniziativa umana, un leader che arringa le masse, un progetto pastorale studiato a tavolino. Al centro c’è quell’ostia, c’è l’iniziativa di un Altro, il sacrificio di un Altro, la chiamata di un Altro.

E qui emerge il secondo punto importante della veglia di Madrid e, più in generale, di tutta la Giornata mondiale della gioventù: Papa Benedetto fa di tutto per evitare di diventare lui il protagonista dell’evento. Quello che egli ha a cuore è che i giovani si pongano di fronte al mistero di Cristo, che incontrino cioè il vero protagonista, quel Gesù che sta a fondamento della stessa missione petrina. Quasi il Papa si fa piccolo per far emergere la grandezza di colui del quale egli è vicario in terra. E questa non è una diminutio della figura del pontefice, ma un’espressione di fedeltà al mandato ricevuto. Benedetto XVI non abdica al proprio ruolo: semplicemente ricorda che il Papa c’è solo e soltanto per indicare agli uomini la strada che porta a Cristo.

Da ciò nasce l’ultima osservazione. Benedetto XVI è stato ed è spesso presentato come il Papa dei grandi discorsi, delle grandi meditazioni, delle sopraffine intuizioni teologiche. E questo è vero. Ma non coglie il nocciolo del pontificato di Joseph Ratzinger. La Giornata mondiale della gioventù, con la sua Via Crucis, con Benedetto XVI che va in confessionale, con la veglia e l’adorazione di sabato, dimostra plasticamente che il cuore di questo papato è la liturgia. La liturgia come «festa della fede», come momento centrale dell’incontro con Cristo, come evento cosmico che unisce cielo e terra, divino e umano, eterno ed effimero. In qualche modo, il forte temporale che si è abbattuto su Madrid è stato provvidenziale: non perché ha «cancellato» il tanto atteso discorso del Papa, ma perché ha di fatto obbligato tutti a concentrarsi sull’essenziale, su ciò che veramente conta. E questo è ciò che i giovani presenti nella capitale spagnola ricorderanno davvero: non parole, ma la bellezza di una presenza che cambia la vita.

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