In programma in questi giorni a Verona "Vinitaly", il salone italiano del vino. Una ricerca dell’istituto Iri sul mercat0 del vino tra i grandi distributori nel 2017 ha rivelato cosa muove i consumatori nelle scelte di acquisto riguardo il vino. Innazitutto il formato, quindi il colore e una eventuale denominazione di origine, quindi il prezzo e la regione di provenienza. Un mercato, quello della bevanda nella grande distribuzione, che vale un fatturato di 2,5 miliardi di euro con 8 milioni di ettolitri commerciati. A esporre i risultati della ricerca sono gli esperti del settore nel corso di un incontro su vino e grande distribuzione promosso da Veronafiere. «I più acquistati – spiegano – sono i vini a denominazione d'origine e i vini tipici regionali, mentre avanzano i vini biologici (5,3 milioni di bottiglie). Il formato preferito dai consumatori è la bottiglia da 0,75cl mentre il brik è in flessione e sono sempre più graditi nuovi formati come la mezza bottiglia (+21,3%) e il bag in box (+13,8)».
Negli ultimi anni, tuttavia, i consumatori italiani avevano fatto registrare un calo nella vendita di vino. Chi ha continuato a comprarlo invece ha preferito sempre di più la qualità. La rappresentante di Federvini alla tavola rotonda, Roberta Corrà, spiega che la grande distribuzione ha risposto migliorando e ampliando la sua offerta. «È indubbio il fondamentale ruolo giocato dalla Gdo nell'evoluzione del settore vitivinicolo, – spiega Corrà, che è anche direttore generale di Gruppo Italiano Vini – una crescita non solo numerica, ma anche di qualità. È aumentata la sensibilità per prodotti di prestigio con prezzi anche elevati, con marche note, profondamente legate al territorio. Questo in risposta al cambiamento delle esigenze del consumatore».
A confermare l’esposizione della Corrà c’è Enrico Zanoni, direttore generale di Cavit e Consigliere nazionale di Unione Italiana Vini, che afferma: «Registriamo negli anni una costante "premiumizzazione" della domanda, come evidenziato dalla crescita dei vini a denominazione d'origine e dei vini fermi a connotazione regionale, i cui primi 10 vitigni pesano circa per il 30% dei consumi totali».
In un momento in cui l’export con gli Usa registra risultati sempre migliori, i riflettori sono proprio puntati sulla tratta atlantica, dove si muovono il Prosecco, il Pinot Grigio, il Chianti, il Lambrusco, la Barbera, il Primitivo, il Gavi, il Rosso di Montalcino, il Nero d’Avola, il Dolcetto, il Trento Doc e molti altri. Lo spiega Marc Hirten, presidente di Frederick Wildman, una compagnia statunitense che distribuisce vino italiano. «Gli americani differenziano molto la scelta del vino in base alla modalità di consumo (a tavola in casa, compleanni, ospiti a casa, ricorrenze) – ha detto Hirten – e se in enoteca acquistano vini blasonati come il Barolo, i Super Tuscan, il Brunello, il Franciacorta o l'Amarone, acquistano regolarmente sugli scaffali del supermercato i vini italiani, la cui gamma d'offerta si è molto ampliata negli ultimi anni».