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Unioni civili, tutto fermo. Se ne riparla a gennaio

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Scritto da Super User

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Il ddl sulle unioni civili è stato incardinato in aula del Senato. E’ durato una manciata di minuti, tanti quanti necessari per consentire al presidente della commissione Giustizia, Francesco Nitto Palma di ripercorrere velocemente i lavori di due anni e di una settantina di sedute durante i quali la commissione si è occupata dell’argomento. E poi passare ad altro tema.

Politicamente l’obiettivo del Pd, affiancato da Sel e M5S, è stato dunque raggiunto. Anche se si tratta di una tappa assolutamente interlocutoria, che lascia ancora aperti i nodi, tutti politici, che pone il provvedimento. Innanzitutto quello dei rapporti interni alla maggioranza, con l’Ncd fortemente deciso a non fare passi indietro e neppure sconti sul tema delle adozioni da parte delle coppie omosessuali. Un punto che “necessariamente” porta con sè due altri aspetti: innanzitutto non riconoscere in alcun modo l’unione omosessuale come “matrimonio”, in quanto alla base del riconoscimento da parte di un giudice di una possibile adozione. Inoltre la necessità di sbarrare la strada a ogni eventualità della pratica dell’utero in affitto.

E’ per questo che nel corso del vertice a palazzo Chigi di venerdì scorso “l’accordo nel disaccordo” raggiunto è stato, secondo fonti della maggioranza, quello di spostare l’avvio dell’esame del ddl sulle unioni civili a gennaio 2016, dopo il via libera definitivo alla legge di stabilità. Si guadagnerebbe in tal modo ancora del tempo per trovare la composizione di posizioni ancora molto distanti, tra i due partiti di maggioranza. “E anche a quel punto sui tempi sarà tutto da vedere”: Ncd promette se non le milionate di emendamenti in stile Calderoli, certo un numero “non piccolo” di proposte di modifica.
Accanto a questi vanno valutati i rapporti all’interno del Pd, in particolare tra le sue due anime, cattolica e laica. A dispetto dell’unanimità delle decisioni e della compattezza del partito, guadagnare un po’ di tempo servirebbe anche ai dem per trovare una via d’uscita condivisa, ad esempio prevedendo al posto della stepchild adoption forme di affido rinforzate, proposta a cui stanno già lavorando i senatori cattolici del Pd.

In questo quadro le dichiarazioni del presidente dei senatori dem, Luigi Zanda, che rimanda la tempistica dell’iter del ddl alle decisioni delle prossime capigruppo di Palazzo Madama, ma che lascia allo stesso tempo intendere che l’esame del testo si potrebbe anche concludere entro l’anno (cioè nelle settimane tra l’approvazione della legge di stabilità al Senato e il via libera alla Camera), sembrano guardare più al rapporto con M5s e Sel.
L'”altra maggioranza” insomma, alternativa a quella di governo, che potrebbe garantire il via libera al ddl Cirinnà nella versione con stepchild adoption.
Su questo fronte i conti da fare sono di segno diverso. M5s ha promesso che “se ci sono i diritti, ci sono anche i nostri voti”, ma sul punto della stepchild adoption si trova in difficoltà: far venir meno il proprio appoggio in caso di modifica e rischiare così di buttare all’aria anche le altre tutele e riconoscimenti del ddl, o accettare un testo “migliorabile” anche su questo punto? Per il momento l’orientamento sembra essere quello di lasciare libertà di coscienza nell’eventualità di una limatura sul fronte adozioni.
Di tono totalmente diverso l’atteggiamento di Sel, che non concede sconti sulla stepchild adoption. “Per noi il testo esistente, comprese le adozioni dunque, è già il minimo sindacale. Sotto non si va” chiarisce la presidente Loredana De Petris.

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