Politica

Sulla vita non si vota. E sulla morte?

Firme per testamento biologicoAvrebbe dovuto riprendere ieri (dopo due anni di giacenza nelle paludi non bonificate della burocrazia che dal Senato conducono alla Camera) alla camera bassa la discussione, e susseguente approvazione, della legge sul fine vita o, come è giusto chiamare, delle “Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento”.
Il tutto è slittato, causa precedenza del mille proroghe (quindi questa è la proroga mille ed uno?) ai primi di Marzo con voto finale proprio in questo mese di Aprile.
Manca quindi pochissimo ma il dibattito già monta e l’opinione pubblica si scalda, soprattutto quella dei favorevoli all’eutanasia che leggono il testo di questa comunque imperfetta proposta di legge,  come ingannevole, ideologico, autoritario, anticostituzionale e poi declamatorio, superfluo e menzognero… tanto per cominciare.
Sulla vita non si vota fu il fortunato slogan che condusse il Popolo della Vita (nella sua definizione presa dall’Evangelium Vitae) alla vittoria del referendum sulla Procreazione Medicalmente Assistita: correva l’anno 2005.
Se sulla vita non si vota è lecito domandarsi sulla morte si vota o no e, per estensione, è giusto sostenere una legge chiamata sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento ma che comunque riguarda la sfera ultima del nostro vivere?
L’idea del 2005 di non votare al referendum non fu, come in molti hanno liquidato, solo ottima strategia politica voluta in primo luogo dall’allora Vicario di Roma Cardinale Camillo Ruini. Dietro quella decisione il Cardinale pose anche tutta la sua saggezza e lungimiranza in materia: non si può mettere ai voti ciò che non proviene da noi ma da Dio soltanto, il bene più prezioso che abbiamo, il primo diritto fondamentale datoci per il solo fatto di esserci, cioè la vita.
Sempre per estensione il concetto va esteso anche alla morte che comunque della vita è parte. Seneca diceva, nel De Tranquillitate Animi: “Chi avrà paura della morte non farà mai nulla da uomo vivo; ma chi saprà che la sua morte è stata stabilita fin dal momento in cui è stato concepito, vivrà secondo questa regola e contemporaneamente con la stessa forza d’animo si darà da fare perché nessuna delle cose che gli capitano giunga improvvisa.”
Nel frattempo, dal primo testo approvato alla Camera dei Deputato due anni fa ad oggi,  in questi due anni molte cose sono cambiate.
S i occupano di ‘Disposizioni in materia di alleanza te¬rapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento’ sia il disegno di legge ap¬provato al Senato nel marzo 2009 (testo Calabrò) sia quello attualmente in via di approvazione alla Camera. Eccone i contenuti e le diversità.
Cos’è la Dat. Si definisce ‘Dichiarazione anticipata’ un do¬cumento in cui «il dichiarante esprime il proprio orienta¬mento in merito ai trattamenti sanitari in previsione di un’e¬ventuale futura perdita della propria capacità di intendere e di volere». Al comma 3 si specifica che nella Dat «può an¬che essere esplicitata la rinuncia da parte del soggetto ad o¬gni o ad alcune forme particolari di trattamenti sanitari in quanto di carattere sproporzionato o sperimentale». Nel ddl Calabrò la parola ‘anche’ non era presente, essendo stata aggiunta alla Camera, lasciando sottintendere un amplia¬mento del contenuto della Dat. Il testo Di Virgilio ha ag¬giunto che «eventuali dichiarazioni di intenti o orientamenti espressi dal soggetto al di fuori delle forme e dei modi pre¬visti dalla presente legge non hanno valore e non possono essere utilizzati ai fini della ricostruzione della volontà del soggetto».
Questo punto è molto importante visto che per convincere i giudici sulle volontà di Eluana il padre Peppino Englaro ha sempre riportato presunte frasi da lei dette e testimonianze orali di amiche.
Soggetti per cui vale la Dat. Il testo approvato al Senato af¬fermava che «la dichiarazione anticipata di trattamento as¬sume rilievo nel momento in cui è accertato che il soggetto in stato vegetativo non è più in grado di comprendere le informazioni circa il trattamento sanitario e le sue conse¬guenze », mentre nella versione della Camera la Dat «assu¬me rilievo nel momento in cui è accertato che il soggetto si trovi nell’incapacità permanente di comprendere le infor¬mazioni circa il trattamento sanitario e le sue conseguen¬ze ». Nel passaggio alla Camera c’è stato, quindi, un amplia¬mento della platea dei soggetti per cui la Dat assume rilie¬vo, non riguardando solo i soggetti in stato vegetativo ma tut¬ti coloro si trovino nell’incapacità permanente di intende¬re e di volere.
Alimentazione e idratazione. In entrambi i testi è previsto che questi sostegni vitali non possano essere interrotti con una decisione anticipata. Il ddl Calabrò affermava che «nel¬le diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono for¬nirle al paziente, sono forme di sostegno vitale e fisiologi¬camente finalizzate ad alleviare le sofferenze fino alla fine della vita», mentre il testo della Camera prevede che «nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, devono essere mantenute fino al termine della vita, ad eccezione del caso in cui le medesime risultino non più efficaci nel fornire al paziente i fattori nutrizionali ne¬cessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo».
Questo “capisaldo” irrinunciabile della legge è lo snodo di tutto, il motivo del contrasto in corso e per noi la pietra di riferimento sulla quale appoggiare la casa della cultura della vita.
La morte comincia dal momento della nascita. Non dobbiamo averne paura perché se no ci coglierà di sorpresa. Oggi si ha paura della morte e della malattia per questo si crede di poterle esorcizzare o anticipandole od evitandole.
Qualche anno fa una indagine sui malati terminali dell’Istituto europeo di oncologia (Veronesi, anche lei dovrebbe conoscere questo posto!) rivelò che tutti i malati, se curati bene, volevano comunque continuare a vivere, a lottare.
E’ il segreto della nostra vita: avere una “madre” che ci si mette accanto per morire assieme con noi, metaforicamente o fisicamente parlando, come la Madre di Cecilia nel racconto del Manzoni.
Sulla morte pure non si dovrebbe votare ma sappiamo che, purtroppo, tutto ciò che non è vietato è lecito e questo ha portato alla morte di Eluana causa assenza di idratazione ed alimentazione.
Questa legge in discussione alla Camera è nata sull’onda emotiva di quel fatto ma, in questi due anni, è stata più volte emendata, stralciata, tirata, accorciata e perfezionata cercando una mediazione possibile e tenendo conto che viviamo nel paradiso terrestre e non ancora in quello celeste.
Anche sulla morte non si dovrebbe votare ma mettere dei paletti legislativi per difendere la vita (e la morte) dall’assalto del relativismo etico imperante, ci permetterà di aggrapparci ancora di più alle nostre convinzioni e testimoniarle per vincere la battaglia culturale.

Riguardo l'autore

vocealta