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Senza esclusione di colpi

La sfida è appena cominciata. Il Partito Democratico si avvia verso una nuova stagione. A contendersi lo scettro due personaggi, due anime diverse del PD. Alla candidatura via web del “nuovo” Franceschini, ha risposto dopo soli pochi giorni l’antagonista annunciato ormai da tempo. Pierluigi Bersani, dal palco dell’Ambra Jovinelli, ha tuonato: “Se di innovazione vogliamo parlarne a chiacchiere io non voglio partecipare”.
”Da quando iniziai, tanti anni fa, ogni volta che ho ricoperto un posto di responsabilità – ha affermato l’ex ministro – mi sono preso la briga di cambiare qualcosa. Non ho mai lasciato le cose come le ho trovate”. “Se ne parliamo con i fatti – ha poi aggiunto – credo di avere qualcosa da dire”.
A parlare è uno degli ultimi jolly da giocare per la leva diessina del PD. Nicola Zingaretti – la cui candidatura è stata invocata da qualcuno dentro il partito – è un’illusione: non può rappresentare lui la salvezza del PD perché esso si salva non attraverso un uomo ma un processo lungo di autoriforma. Un processo che richiede almeno una legislatura e che il Partito Democratico sta sperperando bruciando Veltroni, poi perdendo tempo con Franceschini. Bersani può essere una buona risposta, ma sarà anch’egli – anche contro la sua volontà – un segretario di transizione.
Rifiuta l’ultima semplificazione mediatica del vecchio contro il nuovo, Bersani. E la sua reazione ha un senso anche alla luce delle recenti dichiarazioni dell’astro nascente Serracchiani, che ha ammesso di preferire Franceschini perché simpatico, innovativo e coraggioso. Contrapposto a colui che invece “rappresenta l’apparato”. Povera Serracchiani, doveva essere la speranza del partito, per alcuni, e invece, come previsto, è l’ennesima delusione. Sta con Franceschini – dice lei – perché è simpatico. Non per – scriviamo noi – gratitudine della candidatura e dell’elezione al Parlamento europeo.
La grande guerra, in poche parole, è appena cominciata. Il dato positivo che si può trarre dalla vicenda è che per la prima volta la competizione elettorale sembra reale e credibile. Senza nessuna esclusione di colpi.
Gli antichi compromessi paiono saltati. L’ex Dc e l’ex Pci saranno protagonisti di un confronto/scontro, viste le premesse, che potrebbe regalare parecchio materiale a stampa e tv.
L’incognita è una sola: riuscirà il partito a reggere l’onda d’urto del grande duello? Il PD è abituato ad eleggere anticipatamente i suoi leader, a non intaccare i suoi delicatissimi equilibri.
Decisivo sarà l’atteggiamento di colui che uscirà sconfitto dalla sfida. Se saprà assumersi le sue responsabilità e resistere ad ogni tentazione separatista (il fantasma delle correnti è sempre dietro all’angolo) accettando il verdetto delle primarie, il Partito Democratico italiano potrà rinascere. Riacquisendo la credibilità perduta.

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