Il governo rilancia il progetto di abolizione delle province, il Presidente del Consiglio ribadisce che l’indicazione del governo è rivedere l’Imu. Due punti programmatici che Enrico Letta ci tiene a vedere mantenuti, con un atteggiamento che pare volto a riaffermare la solidità e la volontà dell’esecutivo di procedere con la realizzazione degli impegni presi. Per questo, all’indomani della sentenza negativo della Consulta sul primo tentativo – operato da Mario Monti – di accorpare e rivedere le province, si riunisce a Palazzo Chigi il consiglio dei Ministri che in un paio d’ore sforna il nuovo progetto. Consta di tre punti, ognuno esplicitato in un articolo di poche righe.
Si parte con la abolizione sic et simpliciter delle province, cancellandone la menzione dalla Costituzione. Quindi si passa a indicare tempi e soprattutto modi per ritoccare la materia legislativa in cui esse sono coinvolte, infine conclude che tutto dovrà essere pronto in massimo sei mesi. Dice Letta: «Ci sentiamo vincolati all’impegno Abbiamo abrogato il termine province da tutti gli articoli della Costituzione. Speriamo che il Parlamento approvi il ddl nel più breve tempo possibile». Si vedrà. Le forze politiche al momento non si sbilanciano, ma tagliar via una fetta così consistente non solo di struttura statale, ma anche di ceto politico non sarà operazione facile o indolore. Comunque a Letta sta a cuore anche ribadire che la linea non cambia nemmeno sull’Imu.
«Nel discorso che io fatto alle Camere ho detto che faremo una riforma dell’Imu. Questa è l’indicazione, ci muoveremo in questo senso. Questa discussione sarà collegiale tra chi sostiene il governo», mette in chiaro. Poco prima Angelino Alfano aveva sottolineato con toni quasi bruschi, in pieno stile twitter: «Fmi come di consueto ho dato molti consigli all’Italia. Alcuni li accetteremo e altri no. Sull’imu non accetteremo consiglio Fmi».
Plauso per il segretario vicepremier da parte del Pdl, nel Pd qualche distinguo. Come quello di Gianni Pittella, candidato alla segreteria del partito. Il Partito Democratico, sostiene, deve scegliere se stare con le istituzioni finanziarie internazionali oppure con il populismo di certi alleati di governo. Intanto però oggi premier e vicepresidente del consiglio sono un po’ più vicini.