Giustizia Quotidiana

Processo per la strage di Bologna, Giusva Fioravanti: «Non l’ho fatto, ma mi hanno condannato»

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Si è svolta ieri nel tribunale di Bologna l’udienza della Corte d’assise nel solco del procedimento bis per la strage di Bologna. Ieri era il turno del terzo esecutore materiale del massacro che il 2 agosto 1980 costò la vita a 85 persone: Giuseppe Valerio Fioravanti, detto Giusva. Ha preso il caffè in un bar e mentre si spostava verso il tribunale i cronisti lo incalzavano «Vuol dir qualcosa su questo processo?». Giusva rimane in silenzio, parla per lui l’avvocato che liquida i giornalisti con un lapidario «Assolutamente no». 

La Corte è presieduta da Michele Leoni, in aula sono presenti i familiari delle vittime. Fioravanti si dichiara «innocente» e alla fine dell’udienza aggiunge: «Non l’ho fatto, ma mi hanno condannato».  L’imputato parla alla corte e spiega perché verrà condannato: «Voi avete sempre dubitato di me, non mi aspetto fiducia, non mi aspetto di essere creduto in questo tribunale: per voi sono il mostro dei mostri». 

Durante la sua dichiarazione, Fioravanti racconta dei Nar, «il gruppo si era dedicato alla vendetta, che è un surrogato più simile alla giustizia quando non hai nulla». Tuttavia, narra ancora Giusva, «non facevamo solo azioni negative, ma anche positive: uccidevamo qualche nemico, – ammette Fioravanti – ma aiutavamo anche qualche amico, per non essere dei neri giustizieri». Poi le parole su Francesca Mambro: «era un capo dei Nar, ma non ha mai sparato». Sulla moglie l’ex terrorista spiega che «è stata condannata a 8 ergastoli, assumendosi la responsabilità di diversi omicidi» ma aggiunge che «nessuno si è mai accorto che in realtà Francesca non ha mai sparato». «È una donna coraggiosa – continua Giusva parlando di Mambro – al contrario di molti altri che si definiscono capi, ma che poi hanno sempre negato di aver compiuti omicidi». 

Fioravanti era stato condannato a un ergastolo nel primo processo, ma adesso è libero e come tale si è presentato ieri, quando è entrato in un’aula silenziosissima: prima il flash dei fotografi, poi il buio perché l’imputato ha chiesto di non essere ripreso. «Quando decidemmo di alzare il livello dello scontro – racconta ancora Fioravanti – non avevamo nessun preciso progetto politico, solo una politica per resistere alle botte che prendevamo e ai morti che subivamo». 

Il presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage, Paolo Bolognesi, è presenta e commenta la situazione: «Sembra che lui un po’ di memoria ce l’abbia – dice – adesso vediamo gli sviluppi, vediamo man mano che andiamo avanti come affronta tutti i vari problemi». Bolognesi teme infatti che «anche lui (Fioravanti, ndr) verrà a ricoprire la sua deposizione con dei gran non ricordo», mentre spera che «la lucidità dimostrata in queste prime fasi lo porterà avanti anche nel futuro». 

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