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Cinque stelle contro tutti, l’ipotesi del voto anticipato

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Sembra essere definitivamente chiusa la fase “istituzionale” del M5s. I pentastellati, infatti, dopo 50 giorni di moderazione e dialogo con le altre forze, tornano ad arroccarsi sulle loro posizioni tradizionali. Il segnale più intenso viene proprio dal fondatore e garante del movimento, Beppe Grillo. Il comico genovese è stato intervistato da un mensile francese, Putsch, al quale ha dichiarato che in Italia è in atto «un colpo di stato alla rovescia». 

Secondo Grillo, nel nostro Paese «la democrazia è stata usata per impedire al M5s di andare al governo». All’intervistatore che gli chiedeva se l’Italia fosse un paese democratico, il padre nobile dei grillini ha risposto che «siamo in post-democrazia», perché «la legge elettorale è stata decisa attorno a un tavolo per impedirci di governare». 

A far eco a Grillo c’è Danilo Toninelli. Il capogruppo del M5s al Senato ha ribadito ai microfoni di Radio1 che i pentastellati non appoggeranno un governo di tregua «per tirare a campare» e che se Mattarella lo proporrà, loro diranno di no. «Dateci la possibilità di governare» ha concluso Toninelli, dispiaciuto del fallimento della proposta sul contratto di governo «per vincolare le forze politiche ai contenuti». 

Il capo politico del M5s, Luigi Di Maio, ha invece esposto la sua opinione in un’intervista al Fatto Quotidiano. Il leader pentastellato rivela che secondo lui c’è un accordo fra Berlusconi e Renzi: «Ora sarà Salvini a decidere se aiutarli o meno a fare un governo contro di noi» spiega Di Maio. Inoltre secondo il deputato di Acerra «una nuova legge non si può fare, ci infileremmo in un inferno». La proposta del movimento è quella di tornare al voto il 24 giugno. Il candidato premier a 5 stelle si schiera poi aspramente contro qualsiasi riedizione del patto del Nazareno, anche con Giorgetti presidente del Consiglio, e contro qualunque governo di scopo, di tregua o con «qualsiasi altra formula». «Se con 120 parlamentari abbiamo fatto perdere la metà dei voti al partito di governo, – minaccia Di Maio – con 338 non gli faremmo passare neanche un provvedimento». La parola tuttavia passa adesso al Quirinale, in un momento in cui potrebbe rivelarsi indispensabile un governo tecnico. «Questo tipo di esecutivi – ricorda il capo politico dei 5s – hanno solo tagliato diritti sociali, in nome di un’austerity che non è più un principio neanche dell’Europa, ma qualcosa che è nella mentalità dei partiti». 

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