Plaisir de vivre

La mia anima è invincibile. Il film un po’ meno

2009invictus
Scritto da vocealta
2009invictusSe non fosse per tutta quella retorica e per l’eccessiva lentezza, Invictus sarebbe davvero un gran film. Uno di quelli da ricordare, da emulare, da vedere e rivedere a casa da soli o con gli amici. Purtroppo a Clint Eastwood, uno degli attuali registi più acclamati al mondo, l’impresa è riuscita a metà.
La sua è un’opera incompiuta: dove però non manca nulla, il problema sta proprio nell’insieme. Soprattutto al centro: l’inizio è interessante, così come la fine. Il Mandela di Morgan Freeman è per fortuna umano e quindi affascinante per la sua straordinaria semplicità. Incuriosisce nei primi minuti, commuove nel finale. E’ il resto del film che si trascina stancamente verso lo scontato epilogo. L’ex cowboy di Sergio Leone vorrebbe dargli un senso ma non sempre ci riesce. Ripetere certi concetti in maniera quasi estenuante, tanto per far trascorrere il tempo, non fa bene al messaggio di fratellanza e perdono che si vuole divulgare.
Allora appare piuttosto chiaro che la fase nevralgica della pellicola serve in realtà solo ad accompagnare lo spettatore verso la grande meta. Perché gli ultimi 15 minuti, con l’epica partita di rugby tra il Sudafrica e la Nuova Zelanda, sono senza dubbio da capolavoro. Nessuno, in tutta la gloriosa storia del Cinema, era riuscito a raccontare meglio di Eastwood un evento sportivo: scene di pregevole fattura, inquadrature giuste, montaggio azzeccato, tensione a mille, emozioni garantite.
Anche Matt Damon, per l’occasione capitano degli Springboks, merita elogi. Riesce, in alcuni frangenti,  ad oscurare con la sua intensa interpretazione persino quel mostro sacro di Freeman.
Volete “approfittare” del mal tempo per rivevere sulla comoda poltrona la magia di questo film? Ottima idea. Ma vi toccherà combattere la noia,  prima di godervi  l’estremo e meritato delirio.

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