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Pdl avanti tutta. Senza la tentazione Udc

L’obiettivo era sin troppo chiaro. Non servivano i politologi per capire che l’Udc di Casini puntava ad essere il classico ago della bilancia in un sistema bipolare che vedeva le due coalizioni quasi a pari merito. Destra e sinistra in bilico tra trionfo e sconfitta. Solo una forza centrista, quindi, poteva decidere il vincitore. Dalla memorabile e sonora sconfitta delle regionali 2005, Follini e compagni iniziarono a sollevare dubbi su quella maggioranza di governo, provando a destabilizzare la leadership. Silvio Berlusconi resistette agli attacchi e, dopo pochi mesi, rischiò addirittura di vincere nuovamente le elezioni. L’atteggiamento degli ex Dc non mutò nei mesi di opposizione. La delegittimazione del Cavaliere, delle sue presunte spallate, dovettero poi fare i conti con la caduta vera di Prodi e la succesiva nascita del Pdl. Oggi il dibattito è aperto: Pierferdinando Casini fuori o dentro il centrodestra? Il suo partito costruisce alleanze diverse a seconda del contesto locale, mentre a Roma resta ancorato allo status di opposizione. Senza non sottolineare però i suoi distinguo dal resto della truppa. Non sono pochi quelli che a sud dello Stivale sognano un Popolo della Libertà alleato ai centristi e separato dalla Lega di Bossi e Calderoli. Ma è la storia politica degli ultimi anni che non lo consente: le scelte compiute da Casini sono state quasi sempre caratterizzate dalla voglia di creare un’alternativa interna alla politica del leader di Arcore. Il fallimento dell’ultimo referendum, poi, non deve trarre troppo in inganno: l’astensionismo non corrisponde automaticamente ad un rifiuto dell’elettorato italiano ad un sistema bibartico netto e ben definito, che tra l’altro emerge palesemente dai risultati delle  ultime consultazioni amministrative, oltra a quelli delle politiche 2008. L’Udc continua ad assumere un ruolo decisivo in alcune realtà locali, dove resistono logiche di un certo tipo, ma a livello nazionale fatica a trovare una sua ben definita identità. Il Pdl deve continuare il cammino sino ad oggi intrapreso: presentarsi come forza credibile di governo, in grado di garantire stabilità e rappresentanza democratica. L’era dei compromessi di palazzo è stata spazzata via da quella ricerca di pragmatismo politico che trova la sua data più significativa nell’ormai celebre 2 dicembre 2006, proprio quando il piccolo partito centrista decise di non prendere parte all’evento. Alla fine ha vinto la coerenza di Berlusconi e ha perso invece quella che lo stesso Paolo Bonaiuti giorni fa ha definito “politica dei due forni”. Per tale motivo, alcuni risultati locali, oggi, non devono trarre in tentazione nessuno e tanto meno condizionare lo scenario nazionale: il Pdl non ha bisogno di voltarsi indietro e cercare nuove alleanze. Il Cavaliere è stato premiato proprio per quel coraggio e quella perseveranza che lo hanno collocato al di fuori di certi vecchi giochi politici, che prevedono tra l’altro alterazioni o aggiustamenti in corso d’opera della maggioranza. L’Udc resta, tra i partiti avversari, quello con cui è più semplice oggi intraprendere un dialogo ed instaurare un confronto costruttivo. Ma per governare insieme, la storia degli ultimi dieci anni lo insegna, serve ben altro. 

 

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