Archivio Attualità

Nuovi intrighi a Palazzo San Macuto

 
L’entrata in scena di Sergio Zavoli ha rappresentato un vero e proprio terremoto per la politica italiana. Essa, in sostanza, doveva essere l’exit strategy di Veltroni, finito all’angolo. Tutti, ma proprio tutti i commentatori, da Aldo Grasso in giù, hanno messo in evidenza che questa soluzione non andava presa in considerazione dopo 43 bocciature di Orlando e l’elezione di Villari ma molto prima. Ma tant’è. Ciò conferma solo quanto scritto da Gianteo Bordero: questo Veltroni non ne fa una giusta.

Veniamo invece agli effetti domino dell’elezione di Zavoli. Tutte le partite legate a viale Mazzini partono dalla Vigilanza, per proseguire con il Cda Rai e concludersi con la nomina dei direttori di rete e di tg. Va da sé che il partito che si aggiudica la Vigilanza non può prendere anche tutto il resto; ecco allora che il Pd finirà per avere un posto in meno nel Cda a vantaggio dell’Italia dei Valori. Molto meglio per Di Pietro che infatti, fatti i conti e annusata l’aria, ha fatto dimettere i suoi uomini in commissione, Orlando in testa. A questo proposito, come sempre molto lucidamente, Macaluso ha osservato che, ‹‹ancora una volta a decidere nel Pd è stato l’ex pm: prima affossandolo e dopo mostrando di tirarlo fuori dal fosso››. L’Idv infatti sta giocando da giorni sul proprio disinteresse per le poltrone. Punta a fare cassa di un certo voto d’opinione in vista delle prossime elezioni e al tempo stesso gioca la carta della responsabilità. Contemporaneamente Di Pietro accentua il suo carattere di locomotiva dell’alleanza. Basta leggersi l’intervista all’Unità di venerdì 21 per averne conferma: ‹‹Villari farà la fine di Mastella›› suona quasi come una minaccia dell’ex magistrato all’attuale presidente della commissione, mentre dicendo ‹‹in Abruzzo abbiamo ricostruito una coalizione che non c’era più›› rivendica un ruolo determinante. Leggendo i commenti di politici e giornalisti sinistrorsi in questi giorni viene da pensare che forse abbia ragione Vittorio Sgarbi. Scrive ad esempio Curzio Maltese su Repubblica, sempre venerdì scorso: ‹‹Dall’istante in cui approda a Palazzo Chigi, Berlusconi ha la prima e ultima parola su tutto quanto riguarda la televisione, il suo regno privato. Decide il presidente della Rai (…), il direttore generale, i direttori di telegiornale e perfino le presentatrici. Decide quali trasmissioni possono continuare e quali si debbono chiudere. Con l’elezione a sorpresa di Villari, il premier ha voluto decidere anche il presidente della Commissione di Vigilanza che spetta all’opposizione››. Per parte sua Sgarbi, dopo aver registrato le parole di Antonio Di Pietro e di Francesco Merlo (Repubblica), sostiene che Villari farebbe bene a rimanere al proprio posto. Che senso avrebbe – ci permettiamo di aggiungere – favorire un politico, Veltroni, che tra 6 mesi esatti sarà rottamato?

Come è stata vissuta l’operazione Zavoli infatti, dopo una pervicacia che ha messo all’angolo il Pd, dentro a questo partito? Ragionpolitica ha già scritto che la proposta Zavoli non porta il copyright di Veltroni, che l’ha copiata dai giovani del Pd, e ha anche scritto che le elezioni abruzzesi – se vinte dal PdL – avrebbero potuto portare all’elezione di un nuovo presidente nelle figura del dalemiano Latorre. Che quest’ultima ipotesi fosse o meno fantapolitica non è dato sapere. Ciò che è certo è che i dalemiani sono inviperiti di come è stata condotta complessivamente la partita. E non lesinano critiche. Sono andati all’attacco con Latorre, che al tempo stesso ha reso disponibile il posto per Zavoli, e l’uomo di D’Alema c’è andato tanto pesante da meritarsi l’ammonimento da parte di Bettini dalle colonne del Corsera. In mezzo alla settimana, alcune ore dopo la pubblicazione dell’intervista a Bettini, tuttavia, i dalemiani replicavano con una velina da addetti ai lavori affidata al poco noto Roberto Gualtieri,  membro della direzione nazionale del PD, vice direttore della Fondazione Gramsci e membro autorevole di Italianieuropei… insomma, più dalemiano di così si muore!

Nella nota Gualtieri attacca a testa bassa, mette in discussione apertamente Veltroni chiedendogli autocritica e denuncia ‹‹una campagna di delegittimazione dal sapore stalinista proprio contro chi, come il sen. Latorre, aveva da tempo messo in evidenza i limiti di una strategia che si è rivelata sbagliata e che è stata sconfitta››. Potevano essere più duri di così gli amici di Massimo? Difficilmente. Machiavelli descriveva all’inizio del ‘500, nel Principe, ‹‹dello modo tenuto, dallo duca Valentino, nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il signor Pagolo e il duca di Gravina Orsini››. Quest’ennesima faida interna al Pd – nel 2008 – fa invidia ai racconti narrati da Machiavelli nel Principe e nei Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio  e conferma l’idea che gli intrighi di palazzo San Macuto provocano morti e feriti. Tutti a sinistra.

Riguardo l'autore

vocealta