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NUOVA ONDATA DI VIOLENZA DALL’ISLAM NEL MONDO

È impossibile non riconoscere nitidamente i tanti segnali che gettano un’ombra sinistra sull’aspirazione di un mondo di pace e concordia. La morte del caporal maggiore Matteo Miotto, l’escalation degli scontri in Afghanistan che hanno visto nuovamente sotto attacco i militari italiani, le aggressioni in occasione delle festività natalizie ai cristiani nel mondo con la terribile carneficina consumatasi in Egitto ai danni della comunità cristiana copta. Sono tutti indizi inequivocabili che richiederebbero una risposta adeguata. Purtroppo la Cina, potenza emergente, non si allarma certo per una persecuzione che pratica anch’essa all’interno dei propri confini. La Russia di Putin e Medvedev è ancora troppo poco sensibile al tema del rispetto dei diritti umani e – nonostante la vittoria repubblicana alle elezioni di mid term  che hanno visto un ribaltamento di maggioranza al Congresso degli Stati Uniti – alla Casa Bianca siede ancora il presidente che pretenderebbe di andare d’accordo con tutti. Quanto all’Europa, semplicemente non esiste. Eppure oggi non possiamo non fare i conti con un fenomeno che – dopo gli attentati dell’11 settembre di quasi dieci anni fa – ha nuovamente assunto portata globale.
Le parole dure e spropositate, decisamente inaccettabili, con le quali il grande imam di al Azhar, una della massime figure dell’islam, ha criticato le dichiarazioni del Papa sulla strage ad Alessandria e la necessità di difendere i cristiani la dicono lunga sul vento di guerra che si sta levando da certe aree tradizionalmente calde del pianeta.
Un intellettuale del calibro di Gianni Baget Bozzo aveva avuto modo di confrontarsi con il fenomeno dell’Islam mondiale con il saggio “Di fronte all’Islam”, scritto a seguito di un pellegrinaggio a Santiago di Compostela, in Spagna.
Egli indicava appunto nel confronto con la religione di Maometto una sfida decisiva del nuovo tempo: «Il futuro del paese come quello di ogni altro europaese è legato ora alla durevolezza del blocco europeo, alla sua capacità di trovare un’intesa con un Islam non fondamentalista. Proprio per la sua storia religiosa e civile, l’Italia è il popolo la cui civiltà ha lasciato impronte e stabilito relazioni con tutti i popoli in cui è chiamata a convivere».
Ma don Gianni ci avvertiva, già dieci anni fa, dei pericoli dell’Islam fondamentalista. Scriveva nel lontano settembre 2000, prima ancora che le Torri Gemelle fossero abbattute: «Islam nuovo problema. In tante parti del mondo l’attacco dell’Islam contro i cristiani è in corso: da Timor est alle Molucche a Mindanao: in Nigeria i cristiani fuggono dagli Stati del Nord verso le terre cristiane del Sud. Ibn Turabi, il persecutore dei cristiani, non è più al potere a Khartum, ma la guerra contro il Sud cristiano continua». Una volta terminato il mondo coloniale, avvertiva don Gianni, «Oggi invece gli imperi sono finiti. Gli Stati a forma occidentale nazionale che li hanno sostituiti hanno conosciuto un ritorno all’indietro: sono sfidati a dare all’Islam la sua vocazione originaria ad imporsi con la forza a tutta la società, musulmana o non musulmana. È ciò che in termini occidentali chiamiamo l’Islam politico, l’Islam totale. Con esso è nato anche un conflitto intraislamico: le scuole dell’islam politico sono assai diverse tra di loro, variano secondo l’ulema di riferimento, l’Islam non conosce una autorità dottrinale. Ed è nato un conflitto tra l’Islam politico el’Islam tradizionale, sostenuto dagli Stati ereditari dall’impero turco, dall’impero inglese e francese. Il fenomeno politico del mondo è oggi la guerra tra l’Islam politico e l’Islam degli Stati, e tra le varie forme dell’Islam politico. Non ce ne accorgiamo, ma il lato interessante della storia dopo la fine del comunismo, è la storia che si svolge all’interno dell’Islam politico. Di questa storia in Occidente in Italia non c’è coscienza. È ancora in atto – criticava l’intellettuale cattolico – l’eurocentrismo. E non ci si vede – accusava ancora Baget Bozzo – che il vero confronto politico e culturale non si gioca più all’interno dell’Occidente ma all’interno dell’Islam; e che l’Occidente vi gioca di rimessa. Dalla guerra in Afganistan alla guerra del Golfo dalla Bosnia al Kossovo, l’Occidente è tirato dentro alle guerre interislamiche e gioca in subordine a fattori interni al mondo islamico. E’ solo l’ignoranza e l’Occidentecentrismo che ci impedisce di riconoscere che siamo diventati culturalmente e politicamente subordinati all’area islamica». Ce n’è abbastanza per aprire le orecchie.

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