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Messa antica. Anche a Milano si prega in latino

Il rito ambrosiano non viene citato nell’istruzione di cui scriviamo nella rubrica “W il Papa”: «il motu proprio – come spiega oggi sulla Bussola Quotidiana Andrea Tornielli – si applica infatti soltanto al rito romano (Ecclesia Dei non è competente sul rito ambrosiano, sul quale ha invece giurisdizione la Congregazione del Culto divino). Ciò però non significa che il motu proprio, o meglio, che la chiara ed esplicita volontà papale non sarà applicata nella diocesi di Milano». In attesa che l’indicazione del Santo Padre sia comunemente accettata anche nella diocesi più grande del mondo, c’è comunque chi la Messa antica la celebra dal 1983. Si tratta di San Rocco al Gentilino, su cui Sabrina Cottone ha scritto un interessante articolo pubblicato nei giorni scorsi dal quotidiano il Giornale. Lo riproponiamo all’attenzione dei nostri lettori.
Pizzi, trine e velette ma anche scarpe sportive e tenute casual. Ecco la Messa in Rito ambrosiano antico di San Rocco al Gentilino, un tuffo nella tradizione a pochi passi dai Navigli. Latino dall’Introibo all’ultimo Vangelo, la Comunione si riceve in ginocchio davanti alla balaustra, il sacerdote celebra con le spalle all’assemblea e lo sguardo fisso a Gesù nel tabernacolo.
La novità della Quaresima è il maestro di cappella della basilica di Sant’Ambrogio, Giovanni Scomparin, che fa le prove con il coro nei giardinetti davanti alla chiesa e intorno al tavolo di ping pong. Già, perché i fedeli amanti del rito antico non si riuniscono in una chiesa del Seicento, si accontentano di un oratorio assai spartano. Un tempo ospitava un lazzaretto dedicato a San Rocco, il patrono degli appestati. Non si lamentano. «L’essenziale è il sacrificio della Messa, che è celebrata per Dio e non per gli uomini» dice Nicola, tra gli animatori dell’associazione Una Voce.
I fedeli cambiano ogni domenica. Molti alternano la Messa in parrocchia alla celebrazione in latino al Gentilino. Le donne (non tutte velate) sono una sparuta minoranza. Qualcuno elabora una ragione liturgica («è perché non possono fare le lettrici, dal momento che a leggere è sempre il sacerdote»). Più semplice, forse più vera, la spiegazione della signora Gabriella, assidua e appassionata frequentatrice della Messa in rito antico: «Le donne la domenica mattina devono cucinare, qui la Messa dura un’ora e mezza e in parrocchia tre quarti d’ora. Io stessa a Pasqua e a Natale, quando ho molta gente a pranzo, non vengo qui…».
Gli eccessi sembrano banditi. «Per carità, va benissimo anche il Nuovo Ordine della Messa, ma abbiamo assistito a molte forzature, tipo palloncini in chiesa o comunicazioni personali durante la liturgia… Ho notato che i giovani sacerdoti, quando imparano la Messa antica, poi dicono molto meglio anche la Messa nuova» osserva Riccardo. «Io sono a digiuno di teologia, arrivo dalla provincia di Varese e sono venuto qui perché tra battimani e telecronache mi sembrava che la Messa venisse ridicolizzata» si sfoga Carlo. E Nicola: «Nessuno nega la legittimità del Novus Ordo ma è difficile sentirsi dire il contrario. Noi siamo molto grati al Papa per il dono che ci ha fatto con il motu proprio che concede a chi lo desidera di celebrare in rito romano antico».
Nella diocesi del rito ambrosiano la situazione è più complessa. «Speriamo che le cose migliorino» ripetono sul sagrato. Loro hanno ricevuto l’autorizzazione a celebrare in latino e secondo il vecchio rito già nel 1983 dal cardinal Martini. A Milano restano gli unici.
 

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