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Luigi Grillo: il sistema portuale opportunità per l’Italia

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Scritto da vocealta

nautica1-bisPartiamo ovviamente dalla considerazione che i porti sono un’infrastruttura strategica per il mio Paese. L’Italia è un Paese ricco di porti. Non abbiamo Rotterdam, però rispetto ad altri Paesi abbiamo più porti. Io non ho mai creduto alla necessità che vengano nominati supercommissari per gestire al meglio i porti. Non ci credo. Mi sembrano semplificazioni. E quando siamo di fronte a progetti che tendono a semplificare progetti complessi, in genere si finisce male, si finisce per perdere tempo, nel migliore dei casi.

Io credo che invece noi dobbiamo sottolineare con forza un aspetto. Nel 2008 anche il nostro Paese è stato investito dalla più grave crisi finanziaria degli ultimi 60 anni. Come dice caparbiamente, ostinatamente Tremonti, e io sono d’accordo con lui in questo, questa non è una crisi ordinaria, questa è una crisi che ci impone di uscirne in modo diverso rispetto a come siamo entrati. Noi siamo dentro una crisi che costringe l’Italia e l’Europa a modificare i propri meccanismi di produzione, a modificare gli assetti produttivi perché non dobbiamo illuderci: le indicazioni dell’Europa, l’impegno che Tremonti sta cercando di sviluppare, di fare un’altra manovra, e guardate bene, mirata soprattutto sul taglio delle spese, perché ieri ho partecipato a un bel convegno all’interno del quale un collega economista ha detto, in maniera circostanziata e documentata che noi tutte le volte negli ultimi 10 anni che ci siamo affannati a dire tagliamo la spesa e facciamo la manovra, purtroppo le spese non siamo riusciti a tagliarle. Perché l’inganno è, è stato che il taglio delle spese l’abbiamo organizzato sul tendenziale, su quello che nel bilancio c’era scritto anno per anno e per i prossimi anni, non l’abbiamo organizzato sul consuntivo e quindi le spese nel mio Paese, le spese correnti non hanno quasi mai subito tagli e quindi si è consolidato un trend e poi la spesa storica si è sempre ripetuta. Risultato: che siamo oggi di fronte ad un altro impegno molto serio che adesso davvero dobbiamo portare in porto, c’è davvero da tagliare la spesa perché non possiamo, avendo una pressione fiscale elevata, che è ancora elevata, tra le più elevate d’Europa, agire sull’aumento delle entrate.

Allora in questo contesto, non v’è dubbio che quello che è stato fatto finora, a mio modo di vedere, può essere apprezzato. Però oggi, come è stato detto da tanti autorevoli economisti, un rigore fine a se stesso, un rigore nel contenimento della spesa, un rigore che è stato praticato con tagli orizzontali per quel che se ne è visto, non può essere la soluzione ai nostri problemi, perché quand’anche noi riuscissimo a mettere ancora più ordine nei conti pubblici del nostro Paese, quand’anche noi riuscissimo a rispettare gli imput dell’Unione Europea che ha nei nostri confronti una particolare attenzione, avendo noi il debito pubblico più elevato d’Europa, se non c’è crescita, se questo Paese non torna a crescere, il rigore fine a se stesso non ci porta da nessuna parte.

Voglio dire con questo che un Paese come l’Italia, che ha potenzialità inaudite, che non è riconosciuto nel mondo solo per il debito pubblico, ma per altre potenzialità che abbiamo: la quantità di risparmio privato, asset pubblici notevoli, un sistema finanziario che è il più solido dell’Europa, perché noi diversamente dai francesi, dagli inglesi, dai tedeschi non abbiamo avuto bisogno di dare soldi alle nostre banche, le nostre banche hanno resistito alla bufera meglio di tutti gli altri sistemi finanziari. Allora questo Paese cosa deve fare per riprendere la strada della crescita? Cosa occorre fare per aumentare la competitività che è lo strumento attraverso il quale, il passaggio obbligato attraverso il quale si può garantire una crescita in questo Paese e quindi garantire il sistema sociale così avanzato, così generoso, così ricco, che altri Paesi non hanno, diversamente dal nostro? Questo è l’interrogativo. E su questo interrogativo io non voglio qui offrire delle risposte che riguardano l’intero sistema produttivo. Mi limito, mi limito alla concretezza della questione riferita all’economia portuale e quindi alla riforma e quindi a tutto ciò che in questi giorni si sente dire di iniziative fuori del Parlamento mirate a fare un decreto sulle infrastrutture. No, no, guardate, sgombriamo il campo, così, non so se c’è qualche giornalista, così poi se c’è qualche giornalista riprenda quello che vuole. In questo momento il Parlamento è impegnato ad approvare un decreto sullo sviluppo. In questo decreto ci sono 7 pagine che riguardano la rivisitazione del codice degli appalti. In queste norme ci sono questioni riferite allo snellimento delle procedure, ci sono questioni riferite a far correre di più gli investimenti nel nostro Pese nel settore delle opere pubbliche. Quindi una prima rivisitazione del codice l’abbiamo fatta con un decreto e speriamo che entro il 10 di luglio questo decreto sia trasformato in legge e io non dubito che ciò avvenga.

Dopodiché noi abbiamo un impegno che vogliamo svolgere nella Commissione unitariamente. L’Unione Europea, e questo è il fatto clamoroso, l’Unione Europea ci ha invitato a rivisitare il nostro codice, perché loro si sono accorti, bontà loro, che le direttive che avevano fatto non sono funzionali a far crescere i Paesi, a sveltire gli investimenti. Anche noi siamo impegnati su questo. Noi faremo una nostra procedura di audizioni e noi penso che entro luglio daremo un contributo più mirato in questa direzione. Dopodiché a settembre riprenderemo i lavori in Parlamento e faremo in modo, e faremo in modo di poter aggiungere nuove norme che vanno nella direzione di accelerare gli investimenti nel nostro Paese. Ma tutto in sede parlamentare perché fino a prova contraria nel nostro Paese le leggi le fa il Parlamento e non le fanno le fondazioni, ancorché qualificate, che sono in giro per il mondo e attorno a cui ci sono persone di valore che si stanno impegnando.

Sulla questione specifica, entro nel merito quindi di questa legge di riforma. Noi da almeno tre mesi siamo imballati perché aspettiamo di sbloccare la questione dell’autonomia finanziaria. Io resto convinto che se sfondiamo su questo piano, il testo che andremo a licenziare sarà un testo assolutamente idoneo, assolutamente all’altezza della situazione, perché oltre alle riforme sulla governance, sui piani regolatori portuali, sui dragaggi, sul fondo per le infrastrutture, prendendo contributi dall’Anas e dalle Ferrovie, ci sono tutta una serie di norme che a mio giudizio migliorano in senso assolutamente più moderno, più efficace, più funzionale il quadro normativo licenziato dal Parlamento del ’94, ma occorre anche l’autonomia finanziaria.

* presidente VIII commissione Senato della Repubblica

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