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“Lotito vattene!”

Domenica 7 febbraio è una splendida giornata, adatta per andare allo stadio e godersi la sfida salvezza di Lazio-Catania.
La squadra di mister Ballardini sta attraversando il momento più brutto degli ultimi 25 anni di storia. Con il Catania sembra l’occasione giusta per la rinascita, per dimostrare il valore vero davanti al proprio pubblico. C’è il sole e un clima piacevole e invece appena la Lazio entra sul prato verde trova 20.000 persone tutte rivolte verso la Tribuna Monte Mario a gridare “Lotito vattene!”. E il pallone? Alle spalle.
Il popolo di fede laziale non ne può più, si sente preso in giro, sbeffeggiato e deluso. Per questo sono mesi che la contestazione dei tifosi va avanti: ultras, bambini, donne, anziani, gente comune, gente di Lazio che non chiede nulla se non di vedere giocare a calcio, di divertirsi e almeno una volta al mese fare la voce grossa con i cugini romanisti incontrati al bar piuttosto che al lavoro.
Lotito-Lazio, un matrimonio nato nel 2004, portato avanti in nome del “risanamento finanziario” mentre gli altri compagni di sventura come Fiorentina e Napoli perdevano nome, cognome, blasone e un pezzo di storia. Latinismi, abbassamento degli stipendi, contenimento dei costi nelle strategie di mercato e nella gestione della SS Lazio quotata in borsa. Questo è Lotito.
Ma se non si investe sul patrimonio societario, come si fa a crescere e arrivare in alto? Con la moralizzazione è arrivato ad occupare il terzultimo posto in classifica.
Proprio a causa dei presunti scarsi investimenti per il rafforzamento della squadra, Claudio Lotito ha subìto e continua tuttora a subire pesanti contestazioni da parte della tifoseria ultras (e non solo) laziale.
Contro il Catania il contrasto è partito dalla Curva Nord dove hanno dato fuoco a decine di seggiolini e lanciato una serie di petardi, per poi passare nelle gradinate ovest dove alcuni tifosi si sono assiepati vicino la Tribuna autorità per insultare l’imprenditore che ha subito abbandonato lo stadio.
Ma le rivolte non si fermano solamente sugli spalti.
Già da tempo i sostenitori si fanno trovare all’entrata del centro sportivo di Formello per dimostrare quanto siano attaccati alla maglia più dei giocatori e della stessa dirigenza.
Non poteva mancare un gesto sfrenato di Gabriele Paolini, il noto “disturbatore” televisivo, che è entrato in mutande nella fontana di Trevi protestando contro la crisi della squadra biancoceleste di cui è grande tifoso.
Anche il sindaco Alemanno sembra preoccupato dalla situazione, ha emesso un comunicato ufficiale domenica scorsa, in cui si è rivolto ai supporter informandoli che li incontrerà nei prossimi giorni; il sindaco capitolino ha inoltre promesso di sensibilizzare i responsabili del club ad adottare le misure necessarie per evitare la retrocessione.
La battaglia continua anche sul web, sui siti della Lazio, sui blog dei fan e su Facebook con gruppi che inneggiano alla cacciata del presidente.
Le hanno provate tutte i tifosi della Lazio: sciopero di 15 minuti con la curva vuota, diverse manifestazioni, sit-in, raccolta firme… ma circola sulle radio della capitale la voce che a Lazio – Fiorentina si lascerà lo stadio vuoto per protesta.
Ma è questo che vuole Lotito? È veramente questo il modello di squadra che si era prefissato sei anni fa?
Spalti vuoti, malcontento della gente, minacce fisiche e verbali rivolte al presidente sono quello che oggi è rimasto della S.S Lazio, della squadra che per prima ha portato il calcio a Roma 110 anni fa, la squadra di Piola, tuttora detentore del record di gol in serie A, di Chinaglia, protagonista del primo scudetto, di Bruno Giordano, di Giuliano Fiorini rimasto nel cuore dei tifosi per un gol decisivo all’85’ in uno spareggio per non retrocedere in serie B…
Questa è la storia della Lazio che Lotito dovrebbe prendere come modello per il solo rispetto della maglia e dei colori.

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