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La politica di Mosca in Medio Oriente e la crescente tensione tra Libano e Israele

Prima la visita in Turchia, e il conseguente accordo sul nucleare, poi il viaggio a Damasco per quello che può essere considerato uno storico riavvicinamento tra la Russia e la Siria. Se a questi fatti aggiungiamo il sospetto, peraltro mai sconfessato del tutto, dell’aiuto in termini di scambio di tecnologia e capacità garantito per anni da Mosca all’Iran, possiamo constatare quanto sia ardua la strada per rendere effettive e concrete le sanzioni contro il programma di sviluppo di energia nucleare di Teheran.
Se poi analizzassimo il contenuto degli incontri prima in Turchia e poi in Siria, non dovremmo avere molte difficoltà per comprendere quanto fondamentale possa essere il ruolo del Cremlino nel tortuoso processo di pace che vede da una parte Stati Uniti e Israele e dall’altra Iran e Siria.
Proprio con la Siria il Presidente russo Medvedev, primo presidente russo a recarsi a Damasco dal crollo dell’URSS, sta andando a rafforzare i rapporti in termini economici – commerciali, scientifici, tecnologici, culturali, energetici e militari.
Tutto questo alla luce del clima pesantissimo che si respira da più di un mese tra Washington, Tel Aviv e Damasco per la presunta e mai chiarita fornitura di missili SCUD da parte siriana al movimento scita libanese Hezbollah.
La notizia che il Partito di Dio possa essersi riarmato in misura tale da risultare molto più attrezzato di quattro anni fa sta tenendo alta la tensione a tutti i livelli.
Troppe ormai le indiscrezioni che confermerebbero il rafforzamento di Hezbollah al punto da ipotizzare un intervento preventivo da parte israeliana per colpire il Partito di Dio. La scorsa settimana, un quotidiano kuwaitiano ha addirittura avanzato l’ipotesi che Israele sarebbe pronta ad iniziare la guerra in Libano non appena sarà stato possibile rintracciare ed eliminare Nasrallah, il leader del Partito di Dio. In questo modo, sempre secondo il quotidiano Rai al Aam, il movimento scita subirebbe un evidente indebolimento politico organizzativo.
Va precisato al riguardo che questa tattica di colpire i leader o i vertici di organizzazioni politiche, militari e terroristiche nacque già durante la seconda guerra mondiale e fu applicato e studiato nella accademie militari tedesche, per la lotta antipartigiana.
La storia del conflitto arabo – israeliano annovera numerosi casi di omicidi mirati di questo tipo, ma resto francamente molto perplesso e preoccupato del fatto che l’eliminazione di un leader carismatico come Nasrallah possa essere sufficiente per ridurre le capacità di un partito armato che, a detta di molti ormai, sarebbe il movimento terroristico più armato in questo momento.
In questa partita dall’elevato rischio, anche per le conseguenze dirette che ci sarebbero per il contingente UNIFIL in Libano, la Russia potrebbe rappresentare un canale di dialogo, ammesso che ci sia ancora il tempo e la possibilità, per frenare i due principali sostenitori di Hezbollah: Siria e Iran.
È noto, infatti, che il Partito di Dio, pur dichiarandosi un movimento nazionale, peraltro integrato nell’attuale Governo libanese con due Ministri e vari rappresentanti in Parlamento, resta sempre un braccio armato dell’Iran, così come il Libano viene ancora visto dalla Siria come un naturale protettorato.
Un inasprimento delle sanzioni nei confronti dell’Iran, così come il protrarsi del sostegno militare siriano ad Hezbollah, potrebbero scatenare un conflitto ben più grave di quello del 2006.
 

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