I cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità non corrispondono solo a un grave danno ambientale, ma a perdite economiche concrete. Secondo Sir Robert Watson, ex presidente sino allo scorso maggio della Piattaforma intergovernativa promossa dall'Onu sulla biodiversità (Ipbes) la perdita di biodiversità costa ogni anno 145.000 miliardi di dollari, ovvero più di una volta e mezza del Prodotto interno lordo globale, dovuti al fatto che «tra i servizi forniti dalla biodiversità agli ecosistemi, il cui valore è stimato in 125-145.000 miliardi di dollari annui, ci sono impollinazione delle colture e depurazione delle acque, che l'uomo sta minacciando, e anche la protezione dalle inondazioni e il sequestro del carbonio».
Sir Watson ha dichiarato a Roma, in occasione della Aurelio Peccei Lecture (organizzato da Wwf Italia, Club di Roma, Fondazione Aurelio Peccei e Novamont): «I cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità non possono più essere considerati questioni separate, devono essere affrontate insieme e ora. Occorre una politica globale senza compromessi al ribasso» e una svolta a partire dal 2020, a seguito della quindicesima Conferenza delle Parti (Cop 15) della Convenzione sulla diversità biologica (CBD) che si terrà a Kunming, Cina e che dovrà approvare la nuova strategia decennale per la biodiversità fino al 2030, la scadenza di alcuni target dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 approvati da tutti i paesi del mondo in sede Onu, nel rispetto inoltre dei target fissati dell’Accordo di Parigi sul Clima.
Il chimico britannico ha osservato: «nei prossimi decenni, almeno un milione di specie viventi, su una stima di 8 milioni, saranno in via di estinzione, una perdita del 15% della biodiversità che non indica un'estinzione di massa, ma che è comunque inaccettabile» e che al contempo «negli ultimi 50 anni l'intervento umano ha trasformato significativamente il 75% della superficie delle terre emerse, ha provocato impatti cumulativi per il 66% delle aree oceaniche ed ha distrutto l'85% delle zone umide»
Uno «sconcertante tasso di cambiamento globale – conclude Sir Watson – della struttura e delle dinamiche degli ecosistemi della Terra, dovuto alla nostra azione, ha avuto luogo in particolare negli ultimi 50 anni e non ha precedenti nella storia dell’umanità. Le cause principali sono, nell’ordine, la modificazione dei terreni e dei mari, l’utilizzo diretto delle specie viventi, il cambiamento climatico, l’inquinamento e la diffusione delle specie aliene».