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La guerra con l’Iran? Questione tecnica

Ieri è scoppiata una bomba, ed ecco la situazione. Gli Stati Uniti cercano un disgelo con l’Iran per incassare due risultati: ottenere una collaborazione (o una non-belligeranza) nelle difficili regioni di Iraq e Afghanistan; creare problemi al “modello Ahmadinejad”, che dipende dall’esito delle prossime consultazioni elettorali.
Israele, invece, si trova a dover convivere con un nuovo atteggiamento americano nei confronti della questione mediorientale, e si prepara ad opporsi, con tutti i mezzi necessari compresa la forza, al nucleare militare iraniano. Quest’ultimo consacrerebbe l’Iran come potenza regionale e le darebbe un considerevole vantaggio strategico: Israele non può permetterlo, e bombarderà i siti nucleari degli Ayatollah. Ciò metterebbe di fronte ad una scelta assai complicata l’Amministrazione Obama, che sarebbe costretta a rivedere il suo forte legame con Tel Aviv.

Ieri è scoppiata la bomba: Obama apre (di fatto) al nucleare civile iraniano.

Si pensa che voglia mettersi al riparo dalla critiche, per poter dire in futuro: “ho fatto tutto il possibile, ora passiamo alle maniere forti”. Questa lettura non è esatta, perché presuppone che in un futuro prossimo l’Iran faccia un passo falso, per giustificare la reazione di Usa e Israele. L’errore sta nel pensare che la palla in gioco ora sia nelle mani iraniane.
In realtà gli Ayatollah possono tranquillamente andare avanti nel loro progetto nucleare, come fanno da anni in barba a qualsiasi sanzione: il tempo è dalla loro parte.
Obama si ritroverebbe ad avere a che fare, più che con Ahmadinejad, con i caccia israeliani che bombardano il territorio iraniano, con tutte le gravi conseguenze che questo potrebbe avere.

Ormai non è più un problema di politica estera, ma di tempo.

Si pensa che l’Iran arriverà al nucleare alla fine di quest’anno. Prima di quella data, a queste condizioni, Israele bombarderà l’Iran contro la volontà di Obama, e il Medioriente ritornerà una polveriera.

Qualunque sia la data, la decideranno i servizi israeliani sulla base delle loro rilevazioni. E la gravissima crisi esploderà.

 Non possiamo sapere come reagirà l’Iran, quali sviluppi avrà la storia del Medioriente. Una cosa è sicura: gli Stati Uniti non saranno più credibili come “padrini” di Israele, la loro capacità di persuasione nei confronti dello Stato ebraico non potrà più essere spesa con gli Stati musulmani.
Questo elemento avrebbe conseguenze devastanti sulla diplomazia, e quindi sulla pace. Per questo l’apertura al nucleare civile di Obama va letta, a mio parere, come l’estremo tentativo di riaprire un processo di trasparenza nell’acquisizione del nucleare iraniano. Obama cerca, e cercherà, di “commissariare” il nucleare iraniano, quasi a dire “volete il nucleare civile? Allora permettete agli osservatori internazionali di entrare nei siti e controllare i vostri progressi”.
Considerazione storica: questi tentativi sono sempre falliti. Qualora dovesse riuscire? Una decina di ingegneri dell’Onu dovranno spiegare a Israele che la sua sicurezza non è minacciata.
Come si vede: nel caso Obama fallisce, la palla resta nelle mani dei servizi israeliani. Se Obama vince, siamo nelle mani degli ingegneri Onu.
La Storia è una signora un po’ capricciosa: quando viene affidata ai tecnici e non alla politica, di solito fa sentire il suo peso, e le sue tragedie.

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