A un anno dalla morte di Eluana Englaro, nella clinica La quiete di Udine torna il Ministro Sacconi. Con sé porta un messaggio, sociale e politico (se per politica s’intende l’interesse comune) del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. “Vorrei ricordarla e condividere il rammarico e il dolore per non aver potuto evitare la sua morte”. Queste le parole del Premier. Nello stesso giorno il quotidiano della Chiesa cattolica l’Avvenire intervista Suor Albina Corti, superiora della Clinica Beato Talamoni di Lecco: “Che Eluana fosse viva era un’evidenza, e non solo perché respirava naturalmente, senza alcuna macchina. Quando la si chiamava per nome reagiva con una quasi impercettibile agitazione che però noi, abituate a starle accanto, coglievamo. E la sua pelle, sembrava assaporare le carezze”. Parole d’accusa clemente che lasciano percepire un perdono dovuto solo dall’investitura, un perdono sovra-umano, inconcepibile anche per la razionalità di un credente.
Un coro unanime si alza dall’ala cattolica della politica, con il benestare e l’appoggio dall’Oltretevere, che apre la giornata con l’editoriale del direttore dell’Avvenire Tarquinio. Non tardano le accuse tra i canonici in pectore e i laici della politica. In questo caso la destra e la sinistra si perdono tra le carte dei valori delle diverse correnti politiche, tanto che il discorso sembra spostarsi su un altro piano: ci si chiede se quello che abbiamo perso è la fede o i valori etici, morali e di diritto, quelli inviolabili che oltre ad una legittimazione cattolica hanno ricevuto il benestare costituzionale dello Stato. In entrambi i casi, sia il credente che il laico hanno dei punti di riferimento a cui rivolgersi per rispettare il diritto alla vita.
Un cristiano, se dovesse mai avere qualche dubbio (e sarebbe lecito), dovrebbe ricordare che la teologia più volte ha ribadito l’importanza del diritto alla vita e che la vita è per i cristiani un dono di Dio, che è l’unico ad avere il diritto di donarla e di toglierla, come si legge nel catechismo n° 2280: «Ciascuno è responsabile della propria vita davanti a Dio che gliel’ha donata. È lui che ne rimane il sovrano Padrone. Noi siamo tenuti a riceverla con riconoscenza e a preservarla per il suo onore e per la salvezza delle nostre anime. Siamo gli amministratori, non i proprietari della vita che Dio ci ha affidato. Non ne disponiamo».
A riguardo un laico, speriamo fedele almeno alla Costituzione, potrebbe fare riferimento all’art. 2 della Costituzione sui diritti inviolabili, tanto per tenersi il dubbio e per capire che il diritto alla vita è prima un principio etico, oltre che cristiano.
Nel caso di un laico che non ha fede neanche nelle istituzioni, gli resta la scienza: in questi giorni per la prima volta un gruppo di ricercatori (Owen e Laureys) è riuscito a comunicare con un paziente a cui era stato diagnosticato lo stato vegetativo. Lo hanno allenato ad evocare immagini mentali e a utilizzarle alternativamente per rispondere in modo affermativo o negativo a domande personali. Cinque volte su sei il paziente ha risposto.
A questo punto non avere dubbi diventa una scelta ed anche una grande responsabilità.
Un coro unanime si alza dall’ala cattolica della politica, con il benestare e l’appoggio dall’Oltretevere, che apre la giornata con l’editoriale del direttore dell’Avvenire Tarquinio. Non tardano le accuse tra i canonici in pectore e i laici della politica. In questo caso la destra e la sinistra si perdono tra le carte dei valori delle diverse correnti politiche, tanto che il discorso sembra spostarsi su un altro piano: ci si chiede se quello che abbiamo perso è la fede o i valori etici, morali e di diritto, quelli inviolabili che oltre ad una legittimazione cattolica hanno ricevuto il benestare costituzionale dello Stato. In entrambi i casi, sia il credente che il laico hanno dei punti di riferimento a cui rivolgersi per rispettare il diritto alla vita.
Un cristiano, se dovesse mai avere qualche dubbio (e sarebbe lecito), dovrebbe ricordare che la teologia più volte ha ribadito l’importanza del diritto alla vita e che la vita è per i cristiani un dono di Dio, che è l’unico ad avere il diritto di donarla e di toglierla, come si legge nel catechismo n° 2280: «Ciascuno è responsabile della propria vita davanti a Dio che gliel’ha donata. È lui che ne rimane il sovrano Padrone. Noi siamo tenuti a riceverla con riconoscenza e a preservarla per il suo onore e per la salvezza delle nostre anime. Siamo gli amministratori, non i proprietari della vita che Dio ci ha affidato. Non ne disponiamo».
A riguardo un laico, speriamo fedele almeno alla Costituzione, potrebbe fare riferimento all’art. 2 della Costituzione sui diritti inviolabili, tanto per tenersi il dubbio e per capire che il diritto alla vita è prima un principio etico, oltre che cristiano.
Nel caso di un laico che non ha fede neanche nelle istituzioni, gli resta la scienza: in questi giorni per la prima volta un gruppo di ricercatori (Owen e Laureys) è riuscito a comunicare con un paziente a cui era stato diagnosticato lo stato vegetativo. Lo hanno allenato ad evocare immagini mentali e a utilizzarle alternativamente per rispondere in modo affermativo o negativo a domande personali. Cinque volte su sei il paziente ha risposto.
A questo punto non avere dubbi diventa una scelta ed anche una grande responsabilità.