Arrivano le linee guida del Consiglio superiore della magistratura per regolare i rapporti fra giustizia e stampa e «ovviare a una serie di criticità», favorendo «trasparenza e comprensibilità dell’azione giudiziaria». La Settima Commissione dell’organo di autogoverno della magistratura ha infatti elaborato delle regole per l’organizzazione degli uffici giudiziari «ai fini di una corretta comunicazione istituzionale».
Le pratiche che Palazzo dei Marescialli vuole limitare e vietare sono quelle che creano «discriminazioni tra giornalisti o testate» e quelle che «costruiscono o mantengono canali informativi privilegiati con esponenti dell’informazione». Secondo il Csm, infatti, è necessario operare in base a «una parità di trattamento degli organi di informazione, prevedendo – si legge nel documento della Settima Commissione – anche il ricorso a strumenti web e social».
La proposta passerà al vaglio della prossima riunione plenaria del Consiglio, e vedrà come relatori i componenti togati Nicola Clivio e Claudio Galoppi e il laico Renato Balduzzi. Nella proposta si legge ancora che la «comunicazione degli uffici giudiziari deve essere obbietiva» e che «la presentazione del contenuto di un’accusa deve essere imparziale, equilibrata e misurata, non meno della presentazione di una decisione giurisdizionale».
Il Csm dà ai magistrati degli obiettivi ben precisi, come quello di evitare «la personalizzazione delle informazioni» e «l’espressione di opinioni personali o giudizi di valore su persone o eventi», auspicando invece una «riflessione interna agli uffici giudiziari» attraverso «riunioni sia preparatorie dei momenti di comunicazione sia di valutazione degli effetti».
La comunicazione da parte dei tribunali deve essere basata su «criteri di chiarezza, sinteticità e tempestività» e deve contenere «informazioni di effettivo interesse pubblico». I magistrati dovranno attenersi a regole quali «il rispetto della vita privata, della sicurezza e della dignità», il tutto «evitando il rischio di forme di vessazione da parte dei media». Chiaro e deciso il rimando al diritto dell’imputato di «non apprendere dalla stampa quanto dovrebbe essergli comunicato preventivamente in via formale».
Sarà il capo degli uffici giudiziari ad occuparsi della comunicazione e dunque anche del rispetto di tali regole, con la possibilità di delega a uno dei procuratori aggiunti.
«L’informazione – stabiliscono ancora i componenti del Csm – non deve interferire con le investigazioni e con l’esercizio dell’azione penale, né con il segreto delle indagini o in generale con il principio di riservatezza, né danneggiare o influenzare la tutela dei diritti dei soggetti coinvolti». Da Palazzo dei Marescialli propongono inoltre di evitare «ogni ingiustificata comunicazione di dati sensibili» e di assicurare «il rispetto della presunzione di non colpevolezza».
Dopo l’approvazione da parte del plenum del Csm, le linee guida verranno trasmesse a tutti i dirigenti degli uffici, al presidente del direttivo della Scuola della magistratura e al ministro della Giustizia.