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In ginocchio la Spagna di Zapatero: mai così male dal ’76

213.500 posti persi nei primi tre mesi dell’anno, quasi 5 milioni di persone si ritrovano senza un lavoro, il tasso di disoccupazione è pari al 21,29% (il più alto dal 1976).

Sono questi i record della Spagna di Zapatero, resi noti oggi proprio dal Governo di Madrid.

E pensare che, solo qualche anno fa, buona parte della sinistra italiana si era lasciata ammaliare dal “modello spagnolo” e dalle politiche di sviluppo del nuovo corso socialista. Complici gli iniziali segnali di ripresa e una inedita stagione libertaria (vedi i matrimoni gay) che aveva in poco tempo stravolto l’immagine di una nazione dalla forte tradizione cattolica.

In molti, con assoluta convinzione, iniziarono a parlare addirittura di imminente sorpasso degli spagnoli ai danni dell’Italia.

Ma i numeri ci consegnano adesso un Paese in evidente stato di crisi, tra quelli che più di tutti in Europa ha subito i colpi della grande recessione. Incapace di reagire nel modo giusto dinanzi alle sfide economiche del presente e del futuro.

Per Josè Luis Zapatero piove poi sul bagnato: i sondaggi segnano inequivocabilmente la fine di un’era e a meno di un anno dalle prossime elezioni prevedono l’inevitabile disastro. Il suo partito è infatti ben 10 punti sotto il partito popolare del rivale Mariano Rajoy. 

Crolla quindi definitivamente l’ultimo mito progressista, con buona pace di chi ha scelto di puntare – con i soliti eccessi di provincialismo – su un modello di riferimento rivelatosi anche stavolta fallimentare.

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