Ambiente

Il paradosso ecologista: per salvare una pianta ne infettano tre

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Xylella Fastidiosa. È questo il nome del batterio che sta infettando e uccidendo una parte degli ulivi pugliesi da quasi 5 anni. Il Salento è in ginocchio e ora il batterio si sta spostando verso nord allarmando l’Italia e l’Europa a causa dell’impossibilità di curare le piante malate. Per eliminare l’epidemia servono metodi drastici volti a isolare le piante infette.

L’area più colpita è la provincia di Lecce, dove sono stati creati un cuscinetto e due aree di contenimento per un totale di 17 ettari di terreno tra Taranto e Brindisi. Nonostante queste misure, il fenomeno non si è placato triplicando il numero di piante infette in meno di 3 anni (900 secondo il monitoraggio 2016/17, mentre oggi il numero si attesta 3.277). L’infezione ha avuto origine da una partita di piante provenienti dal Sud America sfuggite ai controlli e inviate in Puglia tra il 2012 e il 2013, e si è diffusa grazie alla notevole presenza di uliveti nel territorio salentino. La poca recettività del territorio nel percepire il problema ha fatto il resto.

Com’è possibile che una tale piaga riesca a crescere nonostante le misure drastiche? Bisogna precisare che l’unico modo per eliminare la Xylella è quello di isolare la pianta infetta creando delle zone cuscinetto o isolando aree a rischio (il batterio non riesce a coprire grandi distanze). Bruxelles ha avviato, già a fine 2015, una prima procedura d’infrazione per i ritardi nell’applicazione della decisione della Commissione 789/2015 che prevedeva la rimozione di tutte le piante infette o presunte infette. La Regione Puglia ha affidato al comandante della guardia forestale Giuseppe Siletti la realizzazione di un piano di rimozione degli alberi infetti o a rischio, ma a causa dei ricorsi al Tar da parte di olivicoltori e ambientalisti sono state poste sotto sequestro dalla procura di Lecce le aree del piano Siletti. Inoltre, il comandante (dimessosi nel dicembre del 2017) e altre nove persone, sono stati iscritti nel registro degli indagati.

Ma chi è il colpevole reale di questa situazione incredibile? E chi ha dato il via a questa spirale giudiziaria che ha permesso alla Xylella di diffondersi?

In realtà, il batterio ha trovato inaspettati alleati: ecologisti e movimenti ambientalisti in difesa degli ulivi e contro il loro sradicamento. Questi sostengono che l’epidemia non derivi da una partita di piante sudamericane, ma è stata generata dall’Istituto Medico Agronomo (Ima) di Bari nel corso della sua attività di studio del batterio. Le prove contro questa strana teoria sono inconfutabili: il laboratorio studiava la Xylella sulla vite e non sugli ulivi; inoltre, l’Ima si trova a circa 200 chilometri dalla zona in cui l’epidemia si è diffusa e il batterio non ha un raggio di diffusione così ampio.

Nonostante le prove schiaccianti, sono nati diversi movimenti cittadini che hanno avuto come testimonial personaggi assai noti sul territorio pugliese e nazionale, come Sabina Guzzanti, il cantante Nandu Popu, il gruppo Negramaro e Al Bano. La tesi sulla diffusione del batterio degli ambientalisti è piuttosto singolare: è tutta una cospirazione internazionale ordita dalla Montesanto con lo scopo di distruggere gli uliveti pugliesi per sostituirli con ulivi Ogm provenienti da Israele. La prova che dimostrerebbe la cospirazione sarebbe in un laboratorio di proprietà della Montesanto in Brasile dal nome Allelyx (anagramma di Xylella). Il laboratorio esiste, ma il suo nome deriva dagli studi che hanno permesso di sequenziare il genoma del batterio.

Nonostante la scarsa credibilità delle posizioni degli ambientalisti, il forte movimento di opinione ha influenzato il mondo della magistratura e della politica locale. Su tutti il governatore della Regione Puglia, Michele Emiliano, e il Movimento 5 Stelle, che sul tema hanno iniziato una dura battaglia politica, permettendo nei fatti alla Xylella di distruggere uno dei simboli della Puglia.

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