Le regioni del Mezzogiorno comandano la classifica europea dei Neet (not engaged in education, employment or training), i giovani che non studiano o non lavorano o non si formano. Ma c’è molto poco di cui andar fieri visto che la classifica indica le zone d’Europa dove la presenza di Neet è maggiore.
Sicilia, Campania, Calabria e Puglia occupano i primi quattro posti in classifica. In queste quattro regioni tre ragazzi su dieci, in età compresa 15 e 25 anni, rientrano nella categoria dei Neet. Per trovare la prima regione non italiana in classifica bisogna scendere al quinto posto occupato dall’enclave spagnola in Marocco di Melilla, ma il Bel Paese si rivede in classifica al decimo posto con la Basilicata.
Per commentare queste rilevazioni è intervenuta Marina Calderone, presidente dei Consulenti del lavoro italiani, che ha spiegato come l’Osservatorio dei Consulenti del lavoro ha rielaborato i dati tenendo in considerazione anche i “lavoretti” che molto spesso i giovani fanno per guadagnare qualcosa. I numeri non si discostano particolarmente da quelli descritti precedentemente, ma viene precisato che nel 2017 i ragazzi ai margini di lavoro o formazione (con età compresa tra 15 e 29 anni) sono stati più di 2 milioni senza particolari distinzioni di sesso. Metà di questi si trovano nel Mezzogiorno, dove il tasso di Neet arriva al 34% dei giovani in alcune zone.
«Il mercato del lavoro è sì migliorato negli ultimi anni e abbiamo pressoché gli stessi occupati del 2008, prima che precipitasse la crisi, – spiega Calderone – ma la composizione è profondamente cambiata, i nostri lavoratori sono invecchiati: oggi ci sono quasi 3 milioni di occupati in più nella fascia over 44 e circa 2,9 milioni in meno tra gli under 45. Anche per effetto delle norme sulle pensioni, abbiamo tenuto al lavoro i padri. In un contesto di crisi, non avendo occupazione aggiuntiva da offrire, i figli sono rimasti in attesa alla finestra».
Leggendo questi dati non si può non pensare a Garanzia Giovani, il progetto europeo che, oltre alla crescita dell’occupazione giovanile, mirava anche alla riduzione dei Neet. Negli ultimi quattro anni, sono stati circa 1,2 milioni i giovani italiani che hanno aderito al progetto, ma solo il 20% di loro risulta occupato dopo la fine dei mesi di formazione/lavoro.
Calderone vede gli aspetti positivi dell’iniziativa, che comunque ha permesso ai ragazzi di avere un primo contatto facilitato col mondo del lavoro, ma lancia più di una critica soprattutto a causa della scarsa analisi di quanto riguarda l’analisi del mercato del lavoro e le sue caratteristiche peculiari.