Il caso di Stefano Cucchi dopo 9 anni non è ancora concluso. Il procuratore generale Mario Remus ha richiesto la prescrizione nei confronti dei medici Aldo Fierro, Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo dell’ospedale “Sandro Pertini”, ovvero di coloro che svolsero l’autopsia sul corpo del geometra romano. L’osservazione è giustificata dall’attesa per risultati del processo bis nei confronti dei carabinieri accusati di aver picchiato Cucchi, così come su quello verso gli ufficiali che depistarono le indagini, i quali confermerebbero le negligenze avvenute nel reparto dell’ospedale.
Il giudice Remus, al pari dell’avvocato civile del Campidoglio, Enrico Maggiore, ha evidenziato la mancanza di “umanità” dell’ospedale e le gravi superficialità avvenute nel trattamento del caso, a cominciare dal mancato rilevamento della disidratazione del paziente, un fatto che, per il giudice, rappresenta un elemento «di una trascuratezza inammissibile e di una sciatteria che imperversava in quell’ambiente» e proseguendo col mancato trattamento psicologico verso Cucchi.
L’avvocato della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo, sostiene che «la dichiarazione di prescrizione sia lo stigma finale di sette anni di depistaggi dei quali, dal 21 maggio (giorno in cui è fissata l’udienza per gli otto carabinieri indagati) in poi, saranno chiamati a rispondere generali e alti ufficiali dell’Arma dei carabinieri».
Sulla notizia e sul primo processo interviene anche la sorella, Ilaria Cucchi. «Un processo del tutto sbagliato – afferma la donna – fatto a spese e sulla pelle della nostra famiglia che ha pagato un prezzo altissimo ma che, fortunatamente, oggi si trova in una fase completamente diversa. Una fase di verità, arrivata grazie al nostro impegno e soprattutto a quello di Fabio Anselmo, ma anche grazie alla presenza di tutti coloro che, in tutti questi anni, non ci hanno mai abbandonati perché da soli non si fa niente».