Il Green pass arriva in Parlamento. La Camera introduce l'obbligo per i deputati, per tutto il personale e i lavoratori esterni. «Nessun privilegio», dice il presidente Roberto Fico, che a poche ore dall'entrata in vigore del decreto per il "super Green pass" allinea Montecitorio alle norme che dal 15 ottobre si applicheranno in tutti i luoghi di lavoro.
Per i parlamentari "no-Pass" sono previste sanzioni, a partire dalla sospensione, e lo stop alla diaria. Il Senato deciderà se – come probabile – adeguarsi il 5 ottobre.
Ma l'estensione dell'obbligo di certificato verde continua a suscitare malumori in maggioranza: la Lega, solcata da profonde diversità di vedute al suo interno, torna a disertare il voto alla Camera sul decreto Green pass di agosto, quello che introduceva l'obbligo a scuola e su treni e aerei. Il testo viene approvato e passa al Senato per un via libera lampo, atteso già nella giornata di giovedì. Ma polemiche e distinguo non accennano a diminuire. Il prossimo step, previsto dallo stesso decreto sul "super Green pass", è la decisione se ampliare la capienza di cinema, teatri, eventi sportivi, sociali e ricreativi, ai quali si accede col pass.Entro il 30 settembre dovrà pronunciarsi il Cts: nelle prossime ore ascolterà il ministro Dario Franceschini, che chiede di "superare" i limiti attuali al 50%. Le Regioni chiedono formalmente al governo di arrivare almeno all'80%, per poi puntare al 100% di capienza. La Lega continua a chiedere di riaprire le discoteche. Il premier Mario Draghi riunirà i ministri per decidere il primo ottobre. Ma gli artisti continuano il loro pressing per il via libera e protestano perché mentre per gli spettacoli restano le limitazioni, ai comizi elettorali si vedono quotidianamente scene di assembramenti. Finisce nel mirino un appuntamento elettorale di Giuseppe Conte, che in un video risponde al cantante Fedez: «Avete ragione, così non va bene, la capienza va portata al 100%». In vista della stagione sciistica arriva intanto l'obbligo di pass sulle funivie, con capienza all'80%. Mentre entra ufficialmente in vigore il decreto che prevede che dal 15 ottobre in tutti i luoghi di lavoro, pubblici e privati, si entri solo con il certificato verde.
Rispetto alle bozze arrivate in Consiglio dei ministri giovedì scorso, il governo lima le sanzioni per chi trasgredisce: chi non entra al lavoro perché sprovvisto di pass è assente ingiustificato e quindi non prende lo stipendio, ma non viene sospeso e non subisce altre sanzioni disciplinari, ad eccezione dei magistrati no-Pass che possono essere sanzionati. Può essere multato fino a 1500 euro chi trasgredisce entrando in ufficio e viene scoperto. Le amministrazioni pubbliche e i privati hanno tempo fino al 15 ottobre per definire le regole per i controlli interni. Per agevolare i lavoratori vengono estesi anche i tamponi a prezzi calmierati, sia nelle farmacie che nelle strutture sanitarie convenzionate.
Erano forti le pressioni dell'opinione pubblica – e della gran parte dei partiti – per adeguare il Parlamento alle regole valide per tutti i lavoratori. La Camera è la prima a muoversi: Fico propone alla capigruppo e poi all'ufficio di presidenza di introdurre dal 15 ottobre l'obbligo per tutti coloro che accedono alle sedi di Montecitorio. Per i deputati che forzeranno il divieto o che in Aula stanno senza mascherina si prevedono sanzioni: la sospensione da due a 15 giorni con relativa perdita della diaria, che vale 206 euro al giorno. Si vedrà come si comporteranno i parlamentari più recalcitranti: Claudio Borghi aveva già annunciato ricorsi e la deputata del Misto Sara Cunial accosta chi non vuol vaccinarsi alle vittime della Shoah. Ma già ora c'è chi, come Matteo Renzi, chiede sanzioni ancor più dure dello stop alla diaria: bisogna tagliare il ben più ricco stipendio dei parlamentari trasgressori. Intanto, tra le proteste degli alleati, i leghisti tornano a smarcarsi dalla maggioranza proprio sulle certificazioni verdi e quasi metà dei deputati (presenti solo 69 su 132) non partecipa al voto sul decreto Green pass bis, con le norme per le scuole. Il capogruppo Riccardo Molinari minimizza, riconducendo le assenze alla campagna elettorale («uno oggi si vaccinava»). Ma al contrario Salvini giustifica i distinguo dei suoi: «I parlamentari sono liberi di esserci o no. Ognuno è libero di agire secondo coscienza, siamo in democrazia e non in un regime», dichiara. Con parole che allargano il solco dai governatori del Nord e dall'ala "istituzionale", rappresentata al governo da Giancarlo Giorgetti. Il ministro non perde occasione per rimarcare la sua assoluta consonanza con la linea di Draghi e sceglie di non prendere la parola all'assemblea annuale di Confindustria per non sovrapporsi al premier: c'è identità di vedute e obiettivi e non avrebbe nulla da aggiungere, affermano i suoi.