Il Parlamento europeo in seduta plenaria ha dato il via libera alla legge sul copyright: la proposta già respinta il 5 giugno è stata – dopo una vasta serie di emendamenti negoziati tra il Consiglio e la Commissione europea – votata da 438 parlamentari, mentre quelli contrari sono stati 226 e 39 gli astenuti, su 703 deputati presenti. Il principale obbiettivo della direttiva è quello di modernizzare il diritto d’autore alla luce della rivoluzione digitale, e per giungere a un compromesso le discussioni sono state lunghe e complesse per gli europarlamentari, soggetti anche a forti pressioni contrastanti dagli addetti ai lavori e dalle categorie di riferimento. Con le nuove riforme, infatti, colossi del web come YouTube e Google sarebbero spinti a retribuire maggiormente i creatori di contenuti, con la creazione inoltre di un nuovo diritto di pagamento per gli articoli pubblicati anche parzialmente dai servizi internet. Non sono mancati tuttavia i detrattori, che lamentano una probabile compressione della libertà di informazione e diffusione dei dati tipica dell’era internet. Proprio a proposito di tali critiche, il relatore del progetto – Axel Voss – ha operato profonde modifiche ad alcuni articoli del testo. Voss ha poi commentato con entusiasmo l’approvazione del disegno, considerandolo «un buon segnale per l'industria creativa e culturale europea». Il testo adesso dovrà passare al vaglio del Consiglio e della Commissione.
A salutare positivamente l’approvazione del progetto è il presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia ed eletto in quota PPE. Secondo il numero due del partito di Silvio Berlusconi, infatti, «oggi il mercato Web è il Far West, non ci sono regole, girano fake news e si condizionano democrazia e cittadini», perciò il Parlamento ha deciso di dare delle regole che non hanno nulla a che vedere «con il soffocare della libertà come intendono dire i giganti del web che in realtà non vogliono pagare una lira di tasse». Tajani, come altri membri del consesso dell’Unione, ha anche denunciato ostruzionismo e attività di lobbying da parte dei colossi di internet: «per esempio è andato più volte in tilt il mio ufficio, bloccato attraverso storm di mail che hanno impedito ogni attività». Per l’esponente azzurro «la direttiva sul diritto d’autore è una vittoria per tutti i cittadini»: «Oggi – scrive Tajani – il Parlamento europeo ha scelto di difendere la cultura e la creatività europea e italiana».
Un plauso arriva anche dalla Commissione Ue, che definisce il voto odierno come un «passo essenziale», mentre si accinge ad avviare i negoziati e le discussioni tra i colegislatori per giungere al testo finale della direttiva, previsto «idealmente entro la fine del 2018». Parla anche il mondo dell’editoria, tramite la voce di Urbano Cairo, presidente e amministratore delegato di Rcs, che ha definito il progetto «una battaglia giusta a tutela di un’industria come quella dei media in Italia e nel mondo, che ha un numero di occupati molto importante e che garantisce la libertà di informazione». A favore anche i gruppi di Forza Italia, che esprimono entusiasmo per l’approvazione: Licia Ronzulli, vicepresidente dei senatori forzisti, si scaglia contro «i colossi del web che non pagano un euro di tasse in Italia, non creano vera occupazione nel nostro Paese e “rubano” la proprietà intellettuale di piccoli e grandi gruppi editoriali e singole persone senza riconoscerne alcun valore economico». Positivi i commenti del Partito Democratico, che si esprime tramite la voce dell’europarlamentare dem Silvia Costa: «Ha vinto l’Europa della cultura e della creatività contro l’oligopolio dei giganti del web». Secondo Costa, la direttiva «tende a trovare un equilibrio tra la tutela della diversità culturale e informativa, la costituzione europea e la sostenibilità economica delle imprese che investono nella produzione dei contenuti».
Chi non ci sta è invece il M5S, che lancia diverse critiche tramite i suoi europarlamentari e i suoi esponenti di spicco. Lamentele convogliate dal capo politico del movimento, il ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio. Secondo il pentastellato, infatti, la legge sarebbe «una vergogna tutta europea»: «Il Parlamento Europeo ha introdotto la censura dei contenuti degli utenti su Internet, stiamo entrando ufficialmente in uno scenario da Grande Fratello di Orwell». Secondo Di Maio «il meccanismo di filtraggio preventivo dei contenuti caricati dagli utenti» si risolverebbe in una censura preventiva dei dati stessi, ritenuta dal ministro «inammissibile»: «La rete deve essere mantenuta libera e indipendente ed è un'infrastruttura fondamentale per il sistema Italia e per la stessa Unione Europea». Il deputato di Acerra coglie dunque l’occasione per annunciare che «sarà un piacere vedere, dopo le prossime elezioni europee, una classe dirigente comunitaria interamente rinnovata che non si sognerà nemmeno di far passare porcherie del genere». Lancia quindi «un messaggio per le lobby»: «questi sono gli ultimi vostri colpi di coda, nel 2019 i cittadini vi spazzeranno via».