Sabato scorso i due rami del Parlamento, durante la loro prima seduta, hanno eletto i presidenti delle due Camere. Dopo un’apertura dei lavori segnata da forti tensioni negli assi “vittoriosi” del centrodestra e del Movimento 5 Stelle, è stato Matteo Salvini, leader della Lega, a permettere che fosse trovata la quadra e che le elezioni dei presidenti si svolgessero in fretta.
Dopo infatti che il Movimento ha visto accolta la sua richiesta di ottenere lo scranno più alto della Camera bassa, Forza Italia ha richiesto col beneplacito della Lega di occupare quello della Camera alta. La prima proposta è giunta direttamente da Silvio Berlusconi, che ha indicato Paolo Romani, capogruppo uscente dei senatori azzurri, come candidato del partito. Tuttavia alcuni procedimenti penali a carico dello stesso Romani lo rendevano inviso al Movimento di Grillo, così mentre i giornali iniziavano a fare il nome di Anna Maria Bernini, altra senatrice berlusconiana, Di Maio ha espresso la volontà di convergere su un altro nome proveniente dallo stesso schieramento ma diverso da quello di Romani, accettando anche l’eventuale candidatura dell’on. Bernini. Proposta sottoscritta da Salvini prima, sconfessata poi dal Cavaliere che non ha inteso piegarsi ai diktat provenienti dagli alleati o aspiranti tali. È giunta allora la candidatura di Maria Elisabetta Alberti Casellati, pasdaran di Berlusconi e donna di partito. Il via libera del M5S ha sancito la sua elezione a Presidente del Senato della Repubblica. Nonostante ciò, le chiacchere non si sono fatte attendere: la Casellati, infatti, non avrebbe un background totalmente coerente con la lotta antiberlusconiana che ha caratterizzato parte dell’attivismo pentastellato. Secondo i suoi detrattori, infatti, durante il suo impegno all’interno del dicastero della sanità, avrebbe favorito la figlia nell’ottenimento di un lavoro finanziato dal ministero stesso. Non solo: l’on. Casellati fu paladina e protagonista della stagione delle riforme berlusconiane passate alla storia come leggi “ad personam” (in primis il famoso Lodo Alfano), nonché un difensore estremamente valoroso del Cavaliere e della sua vita privata, specialmente nelle vicende del cosiddetto processo Ruby. Fu componente del Consiglio Superiore della Magistratura e fu proprio in quella veste che, in un’intervista rilasciata durante il LexFest (https://www.youtube.com/watch?v=kL2-Hf_jM8Q) tenutosi a Cividale del Friuli, si espresse contro l’obbligatorietà dell’azione penale, rea di aver concesso troppo potere ai pubblici ministeri senza però imputar loro le responsabilità connesse, e di produrre una mole abnorme di casi che naufragano in prescrizioni e archiviazioni.
Alla Camera la partita è stata molto più semplice: dopo le indiscrezioni che indicavano nella figura dell’on. Riccardo Fraccaro il possibile candidato del M5S alla presidenza della camera bassa, l’assemblea dei deputati a 5 Stelle ha invece scelto Roberto Fico, che nella scorsa legislatura ha presieduto la Commissione Vigilanza Rai. Esponente dell’ala più ortodossa e sinistrofila del MoVimento, ha occupato già lunedì tutte le principali testate nazionali perché, arrivato a Roma per il suo primo giorno da presidente, ha scelto di usare l’autobus invece che il taxi per coprire il tragitto dalla stazione di Roma Termini al Palazzo di Montecitorio.
Si aprono adesso le trattative per la formazione del governo, dopo che le prime “prove di maggioranza” hanno consacrato l’amplissimo asse centrodestra-M5S. Da mercoledì 4 al via le consultazioni presso il Quirinale, saranno proprio Fico e Casellati i primi ad essere ricevuti dal Presidente della Repubblica.