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Da Reddito di Cittadinanza a Mia: cosa cambia?

Scritto da vocealta

Il reddito di cittadinanza è una misura di sostegno al reddito che ha suscitato molte discussioni e dibattiti in Italia. L’obiettivo principale di questa misura è quello di aiutare le persone che si trovano in situazioni di povertà e disagio economico, fornendo loro un reddito minimo garantito per soddisfare i bisogni di base come l’alimentazione, l’abitazione e la salute.

Il reddito di cittadinanza è stato introdotto in Italia nel 2019, come parte di un pacchetto di riforme del governo per combattere la povertà e l’esclusione sociale. La misura prevede il versamento di un importo mensile fisso, calcolato in base alla situazione economica del nucleo familiare, e una serie di condizioni per la partecipazione a programmi di formazione e reinserimento lavorativo.

La misura ha incontrato una forte opposizione da parte di alcuni settori della società italiana, che la considerano un disincentivo al lavoro e una forma di assistenzialismo che potrebbe creare una cultura del “parassitismo”. Altri, invece, sostengono che il reddito di cittadinanza sia un passo necessario per ridurre le disuguaglianze sociali e combattere la povertà, e che la sua implementazione dovrebbe essere sostenuta da politiche pubbliche più ampie per promuovere la formazione e l’occupazione.

Tuttavia, il Governo Meloni con la prima bozza di decreto attuativo del nuovo sussidio contro la povertà intende sostituire il reddito e la pensione di cittadinanza dal 1° settembre 2023 con “Mia”, la Misura di Inclusione Attiva. Questa nuova misura prevede il risparmio di circa 3 miliardi di euro, ma chi perderà questo beneficio?

Innanzitutto, la “Mia” potrà essere richiesta da residenti italiani da almeno 5 anni con un ISEE relativo al nucleo familiare pari a 7.200€ (contro i 9.360 dell’RdC) e un reddito familiare non superiore a 6.000€ (come l’RdC), andando dunque a escludere già il 25% degli attuali beneficiari (circa 260mila nuclei familiari).

Inoltre, questa misura introduce un’ulteriore distinzione, ossia quella tra occupabili, nella quale rientrano famiglie povere con almeno una persona tra i 18 e i 60 anni di età, e non occupabili, ossia i nuclei familiari con minorenni, anziani over 60 e disabili. La prima categoria potrà beneficiare del 75% del sussidio previsto, mentre la seconda dell’intera somma, anche se i figli minori (a differenza dell’RdC) non sono conteggiati nella scala di equivalenza, e quindi verrà riconosciuto loro un importo mensile di 50€, pari alla metà di quanto previsto dall’RdC.

Infine, un altro cambiamento che verrebbe apportato dall’introduzione della “Mia”, riguarderebbe la durata del sussidio. Infatti, mentre il Rdc spetta per 18 mesi ed è rinnovabile per altri 18 dopo un mese di stop, la “Mia” ai nuclei occupabili spetta per 12 mesi ed è rinnovabile una sola volta per 6 mesi, e per 18 mesi con la possibilità di essere rinnovata per 12 mesi ai nuclei non occupabili.

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