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Da Il Predellino: Berlusconi da concavo si fa convesso

Il premier mantiene nelle sue mani l’iniziativa. Ed esercita la leadership. Con chiunque. Dopo le parole che Silvio Berlusconi ha rivolto agli amici leghisti (“non si può volere tutto”) la maggior parte dei commentatori – come anche i dirigenti della Lega Nord – ha attribuito al premier l’intenzione di ricucire il rapporto con Fini dopo le divergenze di vedute dei giorni scorsi. Un riavvicinamento tattico in vista del congresso del Pdl che non può aprirsi in un clima di scaramucce tra i due considerati, secondo l’ufficialità, fondatore e cofondatore del Popolo della Libertà.A offrire il destro per una interpretazione di un movimento a pendolo tra due sensibilità del centrodestra è anche il tema su cui il piccolo strappo con la Lega Nord si è consumato: le scelte in materia di immigrazione clandestina. Lo stesso tema su cui era intervenuto, e nella stessa direzione, il presidente della Camera.Questo aspetto è, però, occasionale, anzi occasionalismo: è stata, involontariamente, l’iniziativa di Alessandra Mussolini volta  a sollevare dubbi e riserve su alcuni passaggi del provvedimento sula sicurezza in discussione alla Camera a consentire al premier una messa a punto pubblica e aperta nei suoi rapporti con Bossi. Una messa a punto che, presumibilmente ci sarebbe stata comunque, anche in considerazione dell’atteggiamento che la Lega e i suoi ministri hanno deciso di tenere con l’opposizione sul federalismo fiscale.Chi avesse osservato i lavori parlamentari di questa settimana, si sarebbe accorto del “soccorso rosso” assicurato da Pd e Idv al provvedimento del ministro Calderoli. Un “soccorso rosso” al limite dell’imbarazzante. Il Pd ha fatto di tutto per evitare di sostenere i suoi stessi emendamenti: presenze a ranghi ridotti, assenza di tutti i maggiorenti del partito, fino ad arrivare al punto di sottrarre qualche voto a favore dei propri emendamenti se qualcuno del Pdl, per errore o per scelta, li votava.L’intesa tra Lega e Pd, che contraddice la rotta su cui Berlusconi sta guidando il governo, ha spinto il premier a ridimensionare il ruolo dell’alleato. E la politica dell’immigrazione è stato il terreno occasionale su cui cimentarsi. C’è, però, di più: in questa legislatura, dopo la straordinaria rimonta del 2006, la battaglia tra il 2006 e il 2008, il trionfale successo elettorale dello scorso anno, la crescita del consenso personale, Berlusconi ha deciso di cambiare radicalmente stile di governo rispetto al quinquennio 2001-2006. Allora, per usare termini berlusconiani, il premier si “faceva concavo” alle richieste di alleati e interlocutori, cercando di garantire l’unità del governo e della maggioranza attraverso una paziente tessitura che portava al sacrificio proprio della scelta “berlusconiana”. In questi ultimi  tre anni, invece, Berlusconi ha deciso di “farsi convesso” e di imporre – grazie alla forza parlamentare e di consenso nel paese – la propria agenda ad alleati e interlocutori. Una strategia che lo ha portato a momenti di tensione con il Capo dello Stato (ad esempio durante il caso Englaro), con il presidente della Camera, con i suoi ministri (quando ha risolto un conflitto tra Scaiola e Tremonti avocando alla sua direta gestione alcuni fondi di competenza del ministro dello sviluppo economico rivendicati da quello dell’economia); e adesso anche con Bossi.Tutti, ma proprio tutti, hanno reagito riconoscendo la forza della leadership. E ognuno di questi passaggi ha contribuito a rafforzare nel consenso popolare il premier. Che oggi si dimostra definitivamente, come dice Vargas Llosa, un talento politico eccezionale.

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