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Cronache ungheresi 7/ L’istituto ungherese in Italia ci ricorda cosa facevano i comunisti ai sacerdoti

Stefan_Wyszyski
Scritto da vocealta

Stefan_WyszyskiC’è chi si stupisce e persino chi si indigna per il riconoscimento delle radici cristiane dell’Ungheria, sancite dalla nuova Costituzione. Può accadere a chi ignora o finge di ignorare la storia.

Nella seconda metà del XX secolo il confronto con il regime comunista segnava indelebilmente la storia della Chiesa cattolica nell’Europa centro-orientale. La Chiesa, che assunse una posizione di netto rifiuto del comunismo, nei fatti realizzava tuttavia una strategia e una tattica diversificate a seconda dei periodi e dei paesi, in considerazione dei vari gruppi intraecclesiastici. Infatti la Santa Sede, i vescovi e i sacerdoti dovevano prendere in considerazione non solo aspetti dottrinali, ma anche pastorali. Di questo e di molto altro si parlerà martedì 24 aprile a Roma, a Palazzo Falconieri, in Via Giulia, 1. Il convegno mira a porre in luce, sull’esempio dell’Ungheria, della Polonia, della Cecoslovacchia, della Romania e della Yugoslavia, i mezzi con i quali la Chiesa cattolica ha cercato di assicurare la sopravvivenza delle comunità cattoliche e la struttura ecclesiastica, quest’ultima assolutamente necessaria per l’amministrazione dei Sacramenti.

Il convegno, ospitato presso l’Accademia d’Ungheria in Roma, intende tra l’altro sottolineare che, per scoprire e conoscere a fondo il passato recente della Chiesa, si deve analizzare la realtà quotidiana dei rapporti tra Chiesa e Stato in un contesto Centro-europeo, nonché prendere in considerazione i criteri della Chiesa universale, ossia quella di Roma.

I lavori affronteranno anche, come è limpidamente scritto nella nota di invito all’evento, «dell’atteggiamento dei martiri, dei progetti della Compagnia di Gesù nella propaganda anticomunista, delle strategie adottate dalla Santa Sede per nominare vescovi in Ungheria, nonché dell’Ostpolitik vaticana in Yugoslavia. Altri interventi prenderanno in esame l’atteggiamento di vari personaggi di rilievo, quali i Cardinali József Mindszenty, S.E. Áron Márton, e Stefan Wyszyński, o il laico ungherese Gyula Szekfű. Altre relazioni interesseranno l’atteggiamento dei laici in Ungheria nei confronti del comunismo e il movimento per la pace dei sacerdoti in Cecoslovacchia dopo il 1968, proponendo nuove questioni metodologiche. Il convegno dell’Accademia d’Ungheria in Roma – Istituto Storico Fraknói è promosso in collaborazione con l’Accademia Polacca in Roma, l’Ambasciata d’Ungheria presso la Santa Sede, l’Institut Français – Centre Saint-Louis, l’Istituto Pontificio Ecclesiastico Ungherese, la Pontificia Università Gregoriana, con il patrocinio del Pontificio Comitato di Scienze Storiche. Un’iniziativa lodevole, perfetta per noi italiani – dimentichi sempre di tutto – che potremmo finire con l’aver scordato anche di come i comunisti trattavano i sacerdoti, almeno fino al 1945 anche nel nostro Paese, e in Ungheria fino al 1989.

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