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Craxi è Craxi. Anche quando è femmina

Il sottosegretario agli Esteri del governo Berlusconi ha detto cose che la stragrande maggioranza degli elettori e dei quadri del Pdl pensa. E non da oggi. E penso che queste parole, coraggiose e pronunciate dopo mesi di sofferenza sopita e mai dichiarata per amor di partito, dimostrino che un Craxi è sempre un Craxi. Anche quando è femmina.
‹‹Non c’è candidato alle regionali che risponda al cliché indicato dal presidente Berlusconi. La società civile è assente. L’esclusione della lista a Roma è la ciliegina finale. Polverini è brava, ma se il suo entourage è quello che s’è visto, c’è da farsi il segno della croce. La situazione così non regge. Il Pdl sembra un marchio in franchising dove si entra e si esce senza chieder permesso, con la ovvia conseguenza che il partito sta morendo. Per non parlare della tenuta parlamentare: può una maggioranza di più di 60 voti farsi battere un giorno sì e l’altro pure? Cosa ci sta a fare il capogruppo? A Berlusconi lancio una proposta: quella di nominare un suo vice alla presidenza del partito, gli dia autorità e potere e le manovre spariranno. Altrimenti il presidente si rilegga il ‘Che fare?’ dove Lenin propone di espellere i menscevichi dal partito e allearsi con loro. Se uno dei leader dice che il Pdl non gli piace, è come dire non andate a votarlo. Quanto può resistere la barca del Pdl con i buchi che Fini fa quotidianamente ? Dice di essere il cofondatore, ma è il vero affossatore. Fini si riprenda i suoi Bocchino e Granata, così potrà gareggiare con Casini per fare il governo con Bersani e Di Pietro. Forza Italia sarà libera››.
Ho sempre evitato di spendermi in elogi più o meno ossequiosi nei confronti di Stefania Craxi ma oggi non posso fare a meno di scrivere un paio di cosette.  Il Popolo della Libertà ha promesso agli Italiani la modernizzazione del Paese, le riforme. Ebbene, debbono arrivare. Il ministro Brunetta, il ministro Gelmini hanno portato avanti importanti riforme ma il popolo italiano attende chiede soprattutto di essere liberato dalla troppa burocrazia, dall’eccessiva legiferazione, da tasse troppo alte. Bisogna che il ministro Tremonti se ne faccia una ragione: il Paese non può attendere l’ultimo anno di legislatura. Quanto al partito, sia partito. Sembra che, Bondi a parte, pochissimi esponenti dell’attuale gruppo dirigente siano in grado di svolgere un ragionamento politico pieno, di prospettiva. Poi, certo, occorre anche l’organizzazione e quella va affidata a chi è capace di dirigerla. Forse la classe dirigente del Pdl non si rende conto – o peggio si crogiola sulla considerazione – di essere la sola classe dirigente oggi adeguata per il Paese: Pd, Idv e Lega non sono in grado di esprimere proposte politiche utili all’intera nazione. Quanto all’Udc, è desolante vedere un patrimonio valoriale e politico ridotto a merce di scambio per il mercato delle vacche.
Qualcosa di molto importante lo possono fare i giovani del Pdl, in particolare quelli che oggi sono più silenziosi, quelli provenienti da Forza Italia. Una serie di scelte sbagliate, sulle quali non è il caso di soffermarsi, hanno fatto sì che il movimento giovanile del nuovo partito sia stato “appaltato” ad Azione Giovani, che concepisce la politica come il Fuan dei primissimi anni ’90. E la dirigenza nazionale del partito – in particolare quella proveniente da An – si dimostra orientata verso una rimozione del portato culturale e politico della rivoluzione berlusconiana. L’incontro di Arezzo era dedicato alla “Generazione Pdl” anziché alla “Generazione Berlusconi”, dimostrando così scarso senso della realtà e distorsione della volontà degli elettori che votano Pdl in ragione del suo leader. Gianni Baget Bozzo, un intellettuale di cui oggi in molti sentiamo la mancanza, parlava apertamente già nel 2000 di “Berlusconi Generation”. Poi all’estero è stata la volta della “Génération Sarkò”, con tanto di “S” di Superman. Di che vergognarsi, dunque? La Berlusconi Generation già oggi rappresenta una parte importante, fondamentale, del nuovo partito. Forse la parte migliore, quella che vive senza complessi il rapporto con l’opposizione, gli intellettuali, la grande stampa, l’imprenditoria. A livello locale essa è l’architrave delle migliori esperienze amministrative del Pdl e al governo costituisce il motore di un esecutivo molto meno improvvisato di quello del 2001-2006. Quando dentro e fuori la maggioranza qualcuno pensa di sostituire Berlusconi e, alla fine di questa legislatura, dare vita a chissà quale inedito fronte politico più o meno trasversale, dimentica che farà i conti con 19 anni di storia berlusconiana (il Predellino).

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