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Caso Abu Omar, la Corte europea condanna l’Italia

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Scritto da Super User

abu omarLa Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per il rapimento e la detenzione illegale dell’ex imam Abu Omar. «Tenuto conto delle prove, la Corte ha stabilito che le autorità italiane erano a conoscenza che Abu Omar era stato vittima di un’operazione di «extraordinary rendition», da parte della Cia, cominciata con il suo rapimento a Milano e continuata con il suo trasferimento all’estero», afferma la Corte. L’Italia ha violato il diritto di Abu Omar a non essere sottoposto a tortura e maltrattamenti.

L’Italia, secondo i giudici di Strasburgo, ha inoltre violato il diritto dell’ex imam e della moglie al rispetto della vita familiare. I giudici hanno quindi stabilito che l’Italia deve pagare 70 mila euro a Abu Omar e 15 mila a sua moglie per danni morali.

La sentenza diverrà definitiva tra tre mesi se lo Stato italiano non chiederà e otterrà dalla Corte di Strasburgo un nuovo esame davanti alla Grande Camera.

Inoltre l’Italia avrebbe applicato il legittimo principio del segreto di Stato in modo improprio e tale da assicurare che i responsabili per il rapimento, la detenzione illegale e i maltrattamenti ad Abu Omar «non dovessero rispondere delle loro azioni». La Corte afferma che «nonostante gli sforzi degli inquirenti e giudici italiani, che hanno identificato le persone responsabili e assicurato la loro condanna, questa è rimasta lettera morta a causa del comportamento dell’esecutivo» .

l’imam Abu Omar fu rapito il 17 febbraio 2003 a Milano da una decina di agenti della Cia e trasportato alla base di Aviano e da lì trasferito in Egitto dove fu recluso e torturato.

Durante i lunghi processi, per accertare le responsabilità, il Pm Armando Spataro, aveva accusato i presidenti del Consiglio Prodi e Berlusconi «di impedire all’autorità giudiziaria l’accertamento della verità», imponendo il Segreto di Stato sulla vicenda. I vertici dei Servizi segreti italiani furono poi assolti, mentre quelli della Cia in Italia vennero condannati. Due di loro, poi, sono stati graziati prima dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella poi.

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