Su Nature Communications è stato pubblicato uno studio della Duke University di Durham che ha stimato che, un aumento di 3°C determina una perdita di produttività annuale di 5 volte superiore a quella attuale.
Ad oggi, un clima molto caldo può arrivare a costare 311 mld di dollari annuali per giornate lavorative perse. Cifra destinata a quintuplicarsi visto le condizioni climatiche attuali. Per fronteggiare il problema, si sta puntando ad uno slittamento dell’orario di lavoro verso ore meno calde. Così, il monte ore dovrebbe rimanere lo stesso, salvando stipendi e Pil e puntando a recuperare circa il 30% delle perdite globali di lavoro pesante nella giornata lavorativa.
Lo studio, tuttavia, dimostra che: “questo particolare potenziale di adattamento dei turni di lavoro si perde ad un tasso di circa il 2% per ogni grado di riscaldamento globale quando l’esposizione al calore del primo mattino sale a livelli non sicuri per il lavoro continuo, con perdite di produttività dei lavoratori che accelerano a livelli di riscaldamento più alti”.
Ciò significa che, anche all’alba, le temperature saranno tanto alte da mettere a rischio la salute dei lavoratori.