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Alla ricerca di un mondo post-westfaliano

Accade spesso che la stampa straniera si occupi di temi di politica estera molto più di quella nostrana. Ormai è un’abitudine e non desta neanche scalpore. È singolare invece che un giornale come Le Monde dedichi un lungo articolo a un intervento che l’ex ministro Padoa-Schioppa ha tenuto nei giorni scorsi a Basilea, e che i principali quotidiani italiani la omettano o la citino appena. Tanto più se si trattava del meeting annuale dei banchieri centrali e se l’argomento all’ordine del giorno era di quelli caldi. Si parlava del destino dell’Europa e della moneta unica, infatti. Il motivo per cui l’intervento di Padoa-Schioppa è stato ripreso da più parti è perché ha cercato di andare contro una linea di pensiero che rischia di diventare dominante, da lui definita westfaliana, in riferimento al trattato del 1648 che mise fine alle guerre di religione in Europa.  La pace di Westfalia dà nella sostanza i natali al concetto di Stato-nazione sovrano nel vecchio continente, indipendentemente dalla confessione dei regnanti: “Lo Stato dovrebbe essere uniforme all’interno delle sue frontiere ed esente da ogni diritto d’ingerenza proveniente dall’esterno”. Un concetto del tutto o niente insomma, che riportato ai giorni nostri bolla come irrazionale i governi che si dividono la sovranità, tanto monetaria che politica. La Ue medesima dunque. Per l’economista italiano è invece proprio qui che sta lo sbaglio e anzi, dal suo punto di vista, la zona euro costituisce un’ammirevole creazione post-westfaliana, un unicum nel suo genere. Con un accordo del tipo “né questo né quello”, i governi nazionali mantengono una certa autonomia, ma accettano di operare insieme e di rispettare le regole stabilite in precedenza. La gestione consensuale della Bce, le difficili negoziazioni e i compromessi prudenti della Ue come segnali di elasticità e buon senso, dunque. Ancora, Padoa-Schioppa ritiene che la strada dell’Europa sia quella di un’economia globale, in cui gli Stati-nazioni devono essere guidati da trattati che ne limitino la sovranità. Allo stesso tempo non è bene contare sui mercati che si autoregolino, ma è necessario che i governi impongano norme per il bene comune. Una stoccata dunque anche per chi vede la riproposizione delle politiche economiche della Thatcher e di Reagan come l’unica soluzione all’impasse. D’altronde è di questi giorni la notizia che Moody’s ha declassato l’Irlanda, riducendone il rating sul suo debito. E nei giorni scorsi era successo lo stesso con il Portogallo. Non deve quindi stupire che gli euroscettici siano sempre più numerosi e critici, in particolare verso il modo di fare degli europei, definito confuso, pieno di burocratismi e ostile al libero scambio. Secondo loro, nessuna politica monetaria può essere conveniente a tutti e i governi irresponsabili approfitteranno, prima o poi, del credito di cui godono gli Stati virtuosi. Durante il primo decennio che ha seguito la creazione della moneta unica nella zona euro non si sono applicate completamente le regole convenute, ma non sono state neanche ignorate del tutto. Con la crisi dell’euro, poi, i governi si sono accapigliati, ma, a oggi, le riforme necessarie continuano a esser fatte Stato per Stato. Tutto questo a dimostrazione, dunque, del buon funzionamento di un mondo post-westfaliano (Ffweb magazine).

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