La proposta di legge che riscrive completamente il sistema elettorale frutto dell’accordo tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi arriverà in aula alla Camera per la discussione generale il 29 gennaio e sarà votata tra il 30 e il 31. Sono questi i tempi emersi dalla Conferenza dei capigruppo di Montecitorio che questa mattina ha ratificato ufficialmente l’accordo politico che voleva uno slittamento dal 27 gennaio originariamente previsto per permettere a Sel di svolgere tranquillamente il suo congresso dove si discuterà, tra l’altro, anche della legge elettorale. Legge che fin dai suoi primi passi a Montecitorio non lascia immaginare una passeggiata di salute. Ieri la sua presentazione in commissione Affari costituzionali è slittata di diverse ore per arrivare solo in serata mentre oggi la seduta della prima commissione prevista per le 19 nella quale si sarebbe dovuto votare il testo base è stata annullata perché il governo ha posto la questione di fiducia sul decreto legge Imu-Bankitalia e, come da regolamento, l’attività di tutte le commissioni è stata sospesa. In realtà si sarebbe potuto derogare a questa norma ma dalla Capigruppo questa deroga non è uscita. Critiche e proposte di modifica, infatti, non mancano. Anche tra chi ha messo la propria firma su questa proposta di legge: il Nuovo CentroDestra, infatti, sembra non voler abbandonare la battaglia intrapresa sulle preferenze.
Oggi è il presidente Renato Schifani che spiega come «Renzi avrebbe fatto bene a considerare un percorso diverso e invece di privilegiare un accordo con Forza Italia avesse proceduto sulla base di una posizione comune della maggioranza che sostiene il governo Letta, con un testo concepito con l’introduzione delle preferenze». «Berlusconi lo avrebbe accettato – sottolinea l’ex presidente di Palazzo Madama – perché aveva già condiviso quello elaborato in Senato al termine della scorsa legislatura, dove le preferenze erano previste». «Comunque – ribadisce – il Nuovo CentroDestra ha responsabilmente sottoscritto il testo di proposta della legge elettorale per avviare l’iter parlamentare di una riforma che gli italiani ci chiedono, ma resta fermamente contrario al principio delle liste bloccate». «Purtroppo – chiosa – Renzi e Berlusconi sono lontani dal prevalente orientamento dell’opinione pubblica».
Chi invece sembra ammorbidire la sua posizione e parla di una possibile firma del testo base uscito dall’accordo Pd-Fi è Scelta Civica, che con il suo segretario Stefania Giannini si dice «pronta a contribuire al miglioramento del testo base della legge elettorale». Per farlo, però, pone naturalmente le sue condizioni, a cominciare dall’innalzamento della soglia che dà diritto al premio di maggioranza: «Ci preme che il premio di maggioranza abbia una soglia più alta del 35% che rischia di nuovo di essere incostituzionale», dichiara sottolineando la volontà di lavorare affinché “ci sia garanzia di governabilità e di democrazia». «A queste condizioni – conclude – siamo pronti a votare in maniera favorevole sul testo base». Intanto continua, in particolare tra le fila del Partito democratico, il lavoro di “facilitazione” del percorso parlamentare della riforma e si sarebbe molto vicini a una soluzione per uno dei problemi che potrebbe ostacolare il cammino della legge: la ridefinizione dei collegi elettorali. L’Italicum stabilisce infatti che ogni collegio plurinominale (da 3 a 6 eletti) sia composto da 500 mila elettori e sarà necessario ridisegnare la mappa dei Comuni che costituiscono il collegio perché non basterà ricalcare quella delle Province dal momento che molte di queste non arrivano a 500 mila abitanti. La legge firmata da Renzi-Berlusconi-Alfano assegna questo compito al Parlamento ma il delicato incarico dovrebbe essere dato al governo attraverso una delega, coinvolgendo comunque le Camere, magari prevedendo di lasciare a una commissione parlamentare il parere finale. La partita sulle preferenze, invece, è tutta aperta ma è opinione di molti che resterà una battaglia strumentale in vista della prossima campagna elettorale perché una loro introduzione nel sistema pensato da Pd e Forza Italia sarebbe quella di un corpo estraneo che causa la morte del paziente. Boccia, infine, senza appello l’Italicum il leader a 5 stelle Beppe Grillo: «Con quella legge il M5S è senza scampo», sentenzia il comico genovese in un incontro a Roma con la stampa. L’importante «era fermarci», dice, e il doppio turno tra le due coalizioni che hanno raccolto più voti farà sì che «saremo tagliati fuori». «Immaginate il ballottaggio tra noi e il Pd – chiosa -: a chi indirizzerà il voto Berlusconi con le sue tv e i giornali? ».