Plaisir de vivre

Arte e AI: che fine ha fatto l’artista?

Scritto da vocealta

L’intelligenza artificiale sta cambiando il mondo dell’arte in modi che pochi avrebbero mai immaginato. Con algoritmi avanzati, questi software possono ora creare opere che sfidano i confini tra il man-made e il tech-made.

Ma quale sarà il futuro dell’arte dopo l’avvento dell’intelligenza artificiale? In che modo la tecnologia continuerà a influenzare il mondo in cui creiamo, consumiamo e valutiamo l’arte?

Una cosa è certa: l’intelligenza artificiale sta aprendo nuovi orizzonti per l’arte. Grazie a software sempre più avanzati, gli artisti possono creare opere artistiche con una precisione e una complessità che sarebbero impossibili da raggiungere manualmente. La tecnologia del deep learning, per esempio, consente di apprendere e migliorare continuamente in base alle informazioni che ricevono. Ciò significa che i computer possono creare opere d’arte sempre più sofisticate, basate su una vasta quantità di dati.

Ma non è solo la creazione dell’opera che viene influenzata dall’intelligenza artificiale. La tecnologia sta anche cambiando la modalità in cui l’arte viene consumata e valutata. Con uso di algoritmi, gli appassionati d’arte possono ora scoprire opere che rispondono ai loro gusti personali. Ad esempio, un algoritmo può consigliare prodotti artistici simili a quelli che l’utente ha apprezzato in passato, consentendo dunque di personalizzare l’esperienza artistica.

In questo contesto, tuttavia, dove si colloca l’artista? L’uomo diventa soltanto un mero consumatore, rinnegando dunque la sua creatività e abilità artistica? L’uomo consumatore è stato, di fatto, sia oggetto che soggetto dell’arte del XX secolo, e l’obiettivo degli artisti era proprio quello di fornire arte a prova di “capitalismo”, come rappresentato dalla Pop Art.

Il ruolo dell’artista è sempre stato contestato nella sua natura: prima era un esteta, aspirando alla perfezione in tutte le sue forme, poi si è trasformato in un realista nella continua ricerca di rappresentare nel modo più dettagliato la realtà del mondo circostante, successivamente è diventato un mezzo per comunicare le emozioni umane e della società, infine si è tramutato in un pensatore. Duchamp ha dimostrato eccezionalmente questo cambiamento con il ready-made: un gabinetto è diventato arte perché l’artista lo riteneva tale, perché l’artista lo ha pensato come opera d’arte.

Forse l’avvento dell’intelligenza artificiale rappresenta semplicemente un’ulteriore sublimazione del concetto di artista-pensatore. Il ready-made non è più un prodotto industriale, uscito dalla fabbrica, e il ruolo dell’artista non è quello di posizionarlo in un museo dandogli un altro nome. L’intelligenza artificiale, dunque, permette a ogni utente di dar sfogo alla propria creatività in qualità di artista, che digitando parole su una tastiera dà vita, grazie ai vari software, ad opere d’arte.

L’artista, quindi, da pensatore muta nuovamente il ruolo in artista-prompter, facendo diventare quel semplice digitare una forma di “turboarte”, come la ha definita Vanni Santoni in nell’articolo «Il mostro è qui per rimanere. Alcune considerazioni su Midjourney e le AI “text to image”».

Riguardo l'autore

vocealta