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Catalogna, tra scontri e nuove elezioni proseguono le proteste a favore dei politici indipendentisti

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Torna a salire la tensione in Catalogna. A seguito della condanna inflitta dal Tribunale Supremo di Spagna ai 12 leader indipendentisti per i fatti commessi nel 2017, scioperi e manifestazioni si susseguono a Barcellona e nelle altre città catalane (Girona e Lleida in testa). Al contempo si registrano disordini e scontri, con lancio di pietre e petardi e l’allestimento di barricate con cassonetti dell'immondizia in fiamme e mobili. Si registrano disagi all’aeroporto El Prat, dopo l’occupazione delle scorse notti. La polizia, che si trova a fronteggiare le frange più violente degli indipendentisti catalani e a gestire la sicurezza pubblica, deve mantenere inoltre le distanze tra i manifestanti pro-Catalogna e i nazionalisti spagnoli di estrema destra. Si contano in totale nelle precedenti notti di scontri 166 persone ferite, anche a causa di aggressioni dei nazionalisti. La stessa sfida calcistica conosciuta come “El Clasico”, che pone di fronte i club più vincenti della Spagna, Real Madrid (simbolo per eccellenza per la casa reale) e Barcellona (squadra di riferimento per gli indipendentisti catalani, a differenza dell’Espanyol filo-spagnolo) prevista per il 26 ottobre, verrà rinviata a data da destinarsi.

Nel frattempo il nuovo leader regionale, Quim Torra, è pronto ad indire un nuovo referendum sull’indipendenza dalla Spagna. L'ex presidente catalano Carles Puigdemont si è presentato oggi spontaneamente presso la sede della procura a Bruxelles in relazione alla riattivazione dell'ordine di cattura europeo a suo carico, opponendosi al suo rientro.

L’avvocato Marco Bolognini, sul suo blog pubblicato da Linkiesta e ai microfoni di podcasting Skill on Air, ha evidenziato la centralità della nuova campagna elettorale (la Spagna voterà per il rinnovo delle camere il 10 novembre, dopo il tentativo fallito a seguito delle elezioni di aprile) in questa fase delicata per il governo di Madrid. La sentenza, che scontenta sia gli indipendentisti che i nazionalisti, potrebbe infatti concludere lo storico rapporto che lega il Partito Socialista di Pedro Sanchez con i partiti catalani, baschi e delle altre minoranze presenti in parlamento. Conclusa l’alleanza tra sinistra e autonomisti (sempre più indipendentisti), si profila all’orizzonte un possibile dialogo col Partito Popolare di Pablo Casado.

«Cosa succederà? – commenta Bolognini – Cosa ne sarà della questione catalana? Ritengo che gli ardori e le scalmane di questi giorni passeranno e passeranno abbastanza presto. Dopotutto Barcellona è una città stupenda, la Catalogna è una regione incredibile e con un ottimo livello socio economico e questo rende tutti alla fin fine più tranquilli: la pancia piena tranquillizza gli animi». L’avvocato ritiene che la colpa non sia da imputare esclusivamente ai politici di Madrid quando agli stessi politici catalani, rei di non aver voluto perdere «un solo centimetro del proprio potere locale» scatenando «le orde indipendentiste pur di creare un po’ confusione e di sviare l’attenzione dalle inchieste giudiziarie che li vedevano coinvolti per questioni di corruzione».

Per quanto riguarda la reazione all’estero, desta perplessità l’azione decisa delle forze di polizia contro i manifestanti. A tale proposito Bolognini sostiene: «devo dire che chi si stupisce per il fatto che la Guardia Civil e la polizia abbiano reagito in maniera così decisa, si stupisce perché non conosce la Spagna. La Spagna è un Paese che ha ancora delle regole d’ordine pubblico che vengono rispettate e vengono applicate sotto qualsiasi governo, sia esso di centrodestra, del Partito Popolare, o del partito socialista. Può piacere o non piacere, ma come dicono qui "Spain is different"».

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