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Addio a Ermanno Olmi, il regista del mondo contadino

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Il mondo del cinema è in lutto per la morte di Ermanno Olmi. Il regista, 86 anni, si è spento nella notte di domenica all’ospedale di Asiago, dove era ricoverato da venerdì. Olmi era stato colpito dalla sindrome di Guillain-Barré, che si manifesta con paralisi progressiva agli arti, malattia che lo aveva tenuto per molto tempo lontano dai riflettori. Ad assisterlo fino all’ultimo i figli Andrea e Fabio e la moglie Loredana Detto, che fu la protagonista femminile de “Il posto”, suo secondo film. Il regista aveva espresso il desiderio di essere riportato a casa, ma è morto prima che i famigliari potessero organizzare il trasporto.

Ermanno Olmi, classe 1931, nasce a Bergamo in una famiglia contadina profondamente cattolica. Le origini del regista e sceneggiatore influenzeranno la sua cifra stilistica, che privilegia i sentimenti delle persone semplici e il rapporto con la natura, offrendo allo spettatore uno sguardo sulla solitudine e sulle sue conseguenze.

Trascorre l’infanzia tra il mondo operaio della periferia milanese e quello contadino, a Treviglio, nella campagna bergamasca. Da giovanissimo si trasferisce a Milano dove segue i corsi dell'Accademia di arte drammatica. Poi viene assunto dalla EdisonVolta per occuparsi delle attività ricreative per i dipendenti, realizzando decine di documentari tecnico-industriali sulla condizione dei lavoratori.

Nel 1959 gira il suo primo lungometraggio “Il tempo si è fermato”, delicato racconto del rapporto tra uno studente e il guardiano di una diga. Nel 1963 dirige “I fidanzati” in cui permane il leitmotiv della vita quotidiana, della gente semplice e dei sentimenti non espressi ma manifestati con le azioni.

Il grande successo arriva nel 1978 con il capolavoro in dialetto bergamasco “L'albero degli zoccoli”, recitato da attori non professionisti, che si aggiudica la Palma d'oro al Festival di Cannes e il Premio César per il miglior film straniero. Nel 1983, dopo aver girato il documentario sulla sua città d’adozione “Milano ‘83”, Olmi si ammala e resta lontano dai riflettori nella sua casa di Asiago, tornando sulla scena nel 1987 con la pellicola “Lunga vita alla signora!”, premiato al Festival di Venezia con il Leone d'Argento.

Dopo aver diretto “Il segreto del bosco vecchio” (1993) segue un silenzio di cinque anni. Il 2001 lo vede ancora tra i protagonisti del festival di Cannes con “Il mestiere delle armi” che vince il Globo d’oro 2001 della stampa estera e 9 David di Donatello 2002 per il miglior film, regia, sceneggiatura, produzione, fotografia, musica, montaggio, scenografia e costumi. Il film sui pirati cinesi “Cantando dietro ai paraventi” (2003), che parla della fatica che serve per ottenere la pace, vince 3 David di Donatello 2004 (scenografia, costumi ed effetti speciali) e 4 Nastri d’argento (soggetto, fotografia, scenografia e costumi). Nel 2008 Olmi riceve il Leone d'oro alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia. L'Università di Padova gli conferisce nel 2013 la laurea honoris causa in Scienze Umane e Pedagogiche per «la sua azione di valorizzazione delle radici culturali, della memoria, delle tradizioni, della grande storia e dell'esperienza quotidiana e delle piccole cose».

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