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Perché arginare il rigore tedesco

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Scritto da vocealta

bandiera ueGli errori di stima compiuti dalla Commissione europea rischiano di minare fortemente non solo la sua credibilità, ma lo stesso impianto sul quale si basano le politiche fiscali di austerità imposte da anni ai Paesi membri. L’aver fatto dipendere le misure draconiane da previsioni che si sono poi rivelate sbagliate ha prodotto un forte malcontento dei cittadini nei confronti delle Istituzioni europee, percepite come eccessivamente attente ai numeri e poco all’economia reale. È partendo da queste constatazioni che il presidente Berlusconi nei giorni scorsi ha chiesto di invertire la rotta prima che l’Ue debba fare i conti con una incontrollabile disgregazione sociale.
L’esperienza insegna che dall’inizio della crisi le previsioni economiche della Commissione di Bruxelles hanno sempre rassicurato sul fatto che i sacrifici avrebbero progressivamente migliorato il quadro economico. In realtà è successo esattamente il contrario, a partire dalle stime sui Pil, tutti attestati molto al di sotto delle previsioni.
Per l’Italia, ad esempio, la sovrastima è stata addirittura del 2,5 per cento. Ma anche sull’andamento dei debiti pubblici gli errori si sono rivelati macroscopici, e infatti per l’Italia la sottostima è stata pari al 7,2 per cento.
La realtà è cruda: in un’Unione monetaria in cui la moneta non può essere utilizzata come strumento di svalutazione competitiva, è stato un grave errore costringere gli Stati in difficoltà ad aumentare sistematicamente le tasse. Questo ha inevitabilmente comportato una diminuzione dei consumi e quindi della produzione con conseguenze negative sui conti pubblici a causa della restrizione del gettito che ha portato a non raggiungere gli obiettivi di bilancio. Siamo di fronte a un circolo perverso che va assolutamente spezzato. Lo dice il Pdl, da tempo, ma lo afferma anche il Fondo monetario, che ha più volte segnalato i rischi di “avvitamento” dell’Eurozona derivanti dalle stringenti manovre di consolidamento dei conti pubblici attuate dai governi in un periodo di congiuntura economica negativa.
L’Europa a guida Merkel, insomma, ha sottovalutato l’impatto negativo delle misure di rigore sulla crescita economica. Il premio Nobel Paul Krugman, nei suoi articoli sul New York Times, ha sempre ricordato che l’austerità non funziona e infatti, a causa di una politica economica tutta sacrifici e niente crescita, «l’Europa è sanguinante e inutilmente salassata come i malati del Medioevo, curati con medicine che li facevano ammalare ancora di più».

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