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Brigandì, Csm rinvia il voto sulla decadenza

Dopo un dibattito di oltre 3 ore il Plenum del Csm ha deciso di aggiornare alla prossima settimana il voto sulla proposta della Commissione verifica titoli di dichiarare decaduto il laico della Lega Matteo Brigandì per non aver rimosso per tempo una causa di incompatibilità.
La giornata di oggi è stata contrassegnata dalle rettifiche da parte di Ansa e Repubblica.it che avevano dichiarato già spacciato il componente del Csm e da un rinvio che apre alla possibilità che Brigandì possa rimanere al proprio posto.
La richiesta della Commissione è legata al fatto che Brigandì non si sarebbe dimesso per tempo, ma solo il 12 febbraio scorso, dal ruolo di amministratore della Fin Group, la holding della Lega. La legge istitutiva del Csm e un decreto legislativo stabiliscono che i laici del Csm eletti dal parlamento non possono esseri componenti di consigli di amministrazione di società commerciali. E stabiliscono che questa incompatibilità vada rimossa entro 45 giorni dalla proclamazione degli eletti.
Brigandì non ha partecipato alla discussione, ma ha lasciato l’aula non appena ha preso la parola il relatore, il togato del Movimento per la giustizia, Aniello Nappi, magistrato della Corte di Cassazione. Ma in due memorie difensive presentate al Csm ha contestato sia la natura commerciale della Fin Group sia la legittimità della legge sulle incompatibilità dei consiglieri del Csm, avanzando un sospetto di incostituzionalità.
Questioni che sono state affrontate nel dibattito di stamani, per iniziativa dei laici del Pdl, che hanno invitato i colleghi ad approfondire tutti questi dubbi prima di arrivare ad una decisione e hanno evidenziato l’importanza della posta in gioco, visto che si tratta di una decisione che non ha alcun precedente e che è destinata ad «alterare la composizione originaria di un organo di rilievo costituzionale».
Si apre dunque uno spazio per le diplomazie. La Lega Nord è intervenuta e interverrà nuovamente su Giorgio Napolitano, nella sua veste di Presidente del Csm, per “salvare Brigandì”. Ma l’argomento è naturalmente sul tavolo anche del ministro della Giustizia, Angelino Alfano, del presidente dell’associazione magistrati, Luca Palamara, e dei leader delle correnti delle toghe.
In particolare la relazione depositata il 5 aprile avrebbe offerto ai “difensori” di Brigandì nuovi e più convincenti elementi. In molti, soprattutto all’interno della componente di Unità per la Costituzione (il gruppo di maggioranza relativa all’interno dell’organo di autogoverno dei magistrati), si starebbero interrogando sull’opportunità di procedere ad un atto così estremo, che potrebbe configurarsi come vero e proprio vulnus costituzionale e in quanto tale impugnato dallo stesso Brigandì di fronte alla Consulta, trasformando il voto della prossima settimana nell’ennesimo fronte di guerra. Il tono con cui il Capo dello Stato si è rivolto ieri all’associazione magistrati, fa dunque pensare a comportamenti più prudenti da parte della maggioranza del plenum.
 

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