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Migranti riportati a Tripoli, scoppia il caso: Italia rischia condanna

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Tanto tuonò che piovve. Commenterebbe così un vecchio adagio la vicenda che sta interessando queste ore l’imbarcazione Asso 28, una nave di supporto a una piattaforma petrolifera, che dà per la prima volta piena applicazione alla politica di respingimenti promossa dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Mentre la compagine pentastellata dell’esecutivo – infatti – ha più volte resa esplicita la volontà di una ripartizione del carico dei migranti fra i Paesi europei, il segretario della Lega si è invece sempre detto favorevole a rendere i rimpatri immediati una regola.

Un gommone con 108 persone a bordo è stato soccorso dalla Asso 28. La sala operativa di Roma, interrogata dall’equipaggio, ha indicato di coordinarsi con la Guardia costiera libica. Di conseguenza la Asso 28, seguendo gli ordini provenienti dalla Capitale, ha ricevuto a bordo i migranti e li ha riportati indietro, sbarcandoli nel porto di Tripoli.

Questo atteggiamento, tuttavia, sembrerebbe confliggere con le regole imposte dal diritto internazionale. Questo infatti garantisce e tutela il diritto d’asilo, assicurandosi che i migranti sbarchino in un porto sicuro. Ai sensi della convenzione di Ginevra, tuttavia, quello di Tripoli non sembra essere il porto sicuro richiesto dalla legislazione internazionale, a maggior ragione dal momento che nessuno dei migranti a bordo dell’imbarcazione ha avuto modo di fare formale richiesta di asilo politico, un diritto garantito dalla legge.

Un avviso in tal senso dal Consiglio d’Europa era già arrivato: «Nessuna nave europea – aveva detto una portavoce – può riportare migranti in Libia perché contrario ai nostri principi». La decisione estrema era già stata sfiorata venti giorni fa, con il caso della Vos Thalassa: un’altra nave di supporto a una piattaforma petrolifera che aveva soccorso più di 60 migranti e stava per consegnarli a una motovedetta della Guardia costiera libica. In quel caso tuttavia l’atteggiamento minaccioso dei migranti a bordo avrebbe convinto il capitano a invertire la rotta e a dirigersi verso l’Europa, dove la nave militare Diciotti ha caricato i migranti per sbarcarli a Trapani.

Nelle parole del ministro dell’Interno nessun riferimento diretto alla Asso 28, semplicemente una smentita: «La Guardia costiera italiana non ha coordinato e partecipato a nessuna di queste operazioni, come falsamente dichiarato da una Ong straniera e da un parlamentare di sinistra male informato». Anche la Guardia costiera nostrana fornisce spiegazioni, specificando che le operazioni «si sono svolte sotto il coordinamento dei libici». Il caso è già sotto la lente dell’Unhcr, l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, il quale fa sapere che stanno «raccogliendo tutte le informazioni necessarie» e che «la Libia non è un porto sicuro e questo atto potrebbe comportare una violazione del diritto internazionale».

Immediata la replica del “parlamentare di sinistra male informato” citato da Salvini, Nicola Fratoiani di Liberi e Uguali, attualmente al bordo della nave della Ong spagnola Open Arms, che si trova in zona Sar libica. Il deputato aveva già chiesto spiegazioni, affermando che «non sappiamo ancora se questa operazione avviene su indicazione della Guardia Costiera Italiana, ma se così fosse si tratterebbe di un precedente gravissimo, un vero e proprio respingimento collettivo di cui l'Italia e il comandante della nave risponderanno davanti a un tribunale». Adesso risponde al titolare del Viminale: «L’unico disinformato è il ministro Salvini. Abbiamo denunciato un caso di palese violazione delle norme internazionali da parte di una nave mercantile italiana, Asso 28. E di questo abbiamo le prove. Abbiamo detto che “SE” lo facesse su indicazione della guardia costiera italiana sarebbe ancora più grave. Ma già che ci siamo, vorrei chiedere a Matteo Salvini – conclude Fratoianni – se è in grado di rispondere a qualche domanda: se l'indicazione al mercantile italiano non è arrivata dalla guardia costiera italiana, da chi è arrivata?…». Quindi aggiunge che l'ordine di riportare i migranti a Tripoli «è arrivato dalla piattaforma per cui lavora il rimorchiatore, vale a dire dall'Eni». Secondo Fratoianni, inoltre, le autorità italiane erano informate fin dall'inizio dell'intera operazione di soccorso in quanto «la prima segnalazione di un gommone in difficoltà era partita proprio dal Imrcc di Roma».

Tuttavia la versione del «coordinamento della Guardia costiera libica» è confermata anche dalla società Augusta Offshore di Napoli, armatrice dell'Asso 28, che ha spiegato come il rimorchiatore si trovasse in assistenza alla piattaforma di estrazione “Sabratah” della Mellita Oli & Gas (ioint venture tra Eni e Noc libica), a 57 miglia marine da Tripoli, e si è diretto verso un gommone in difficoltà avvistato a circa 1,5 miglia dalla piattaforma, «dopo aver imbarcato rappresentanti dell'Authority libica sulla piattaforma stessa». Una versione sancita, oltre che dall’Eni, anche dal ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, che garantisce: «La Guardia costiera italiana non è stata interessata né al coordinamento, né al salvataggio, quindi il diritto internazionale non è stato violato».

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